Museo del Costume di Nuoro | Giovanni Antonio Sulas | Tra memoria culturale e innovazione

“L’arte è amore rivestito di bellezza”

G. Segantini

La Sardegna è sempre stata terra di persone creative che, nonostante  il limite dell’isola, inseguivano voli del pensiero oltre confine: desideri di veder realizzati i propri sogni.

Anche se ciò, accomuna tutti. Di fatto, non saremo umani, se non avessimo la facoltà di sognare, librarci in altre dimensioni, in libertà.

L’isola decantava fantasie, ma mordeva le ali, poiché non tutti riuscivano ad emergere nel panorama artistico, come avrebbero meritato. Sono ancora poche le persone che hanno tracciato svolte epocali, di cui si conservano memorie.

I fili labili della memoria, alle volte, si logorano ma come d’incanto si rinsaldano,  restituendoci il passato relegato ai confini del tempo, con una luce diversa, una comprensione più affine al nostro pensare, alle nostre ricerche e alla  consapevolezza di un evolversi. Ciò implica una storicizzazione di quello che è stato fatto, sotteso ad un’urgenza di recupero, di quel valore, memoria culturale, e definizione identitaria  che ci permette di distinguerci e riconoscerci come aderenti ad una collettività.

È proprio in questi giorni, l’ISRE – Museo del Costume di Nuoro, propone una mostra di un creativo “rivoluzionario” Giovanni Antonio Sulas: Dalla pittura al design per la moda, dal cinema agli arredi per Karim Aga Khan e Su Gologone”  in esposizione fino al 9 giugno 2019

Un uomo molto conosciuto che ultimamente sembrava fosse caduto nell’oblio, anche se, nella città di Nuoro, esiste una Fondazione  a suo nome, –  che lui stesso aveva costituito quando era in vita, – mostrando sensibilità e impegno nel sociale. 

La Fondazione assegna borse di studio a ragazzi con difficoltà economiche,  ma con ottimi voti scolastici,  permettendo loro di proseguire gli studi post-diploma e post-laurea.

Un uomo talentuoso, creativo, dotato di preveggenza che potremo definire “modernista” per quella sua capacità intrinseca che aveva manifestato nel rinnovare la tradizione e adattarla alla  contemporaneità.

66B6F9B9-46C6-4A58-AEA8-B6476A10EAEECourtesy of Museo del Costume ©ph. Mereu

Un artista con un raffinato senso estetico, che era riuscito a farsi apprezzare da un grande “talent scout” e scopritore di meraviglie S.A. Karim Aga Khan, attratto dalla bellezza delle sue creazioni semplici e lineari, dalle sfumature d’azzurro e dai bianchi candidi che illuminavano spazi e distendevano animi.

Ma oggi è doveroso ricordarlo in questa prima mostra museale, che vede esposti molti suoi lavori provenienti da collezioni private,  per aver conferito valore alle nostre tradizioni.  

Sulas con i suoi progetti era riuscito a definire e caratterizzare la nostra memoria culturale e potrebbe esser definito precursore del “Made in Sardinia”.

Infatti, con intuito e creatività, aveva valorizzato le nostre radici con innesti di contemporaneità conferendole identità culturale.

Lui disegnava, progettava e “instillava” quell’unicità ad oggetti che divenivano simboli culturali di sardità. Con sensibilità e originale linguaggio artistico, individuava segni del proprio tempo,  li  legava a culture o movimenti di moda o gusto internazionali, mostrando una rara capacità di elaborazione e sincretismo.

3B06B79F-FD97-4470-924C-592FBC5CA0C5Courtesy of Museo del Costume ©ph. Mereu

Un’identità accanto all’alterità che, come diceva lo storico Giovanni Lilliu, ci ha sempre contraddistinto. Infatti, nessuna dominazione straniera  – tra le tante subite – era riuscita a cancellare l’anima sarda generando un imprinting.

Sulas, inoltre, comprese quanto fosse importante unire i seguenti fattori:  creatività, cultura, territorio ed economia per un prodotto di qualità oltre che identitario. Tutti gli oggetti venivano realizzati in Sardegna da maestranze sarde. Così si dava supporto alle piccole economie locali.

Dal sottotitolo della mostra è intuibile la genialità creativa, la versatilità e la contaminazione culturale di questo artista, di origini nuoresi, da tutti chiamato Professore. Era nato nel 1911 da una famiglia semplice. Ma la spensieratezza della vita improvvisamente s’incrinò. Conobbe  il dolore  di quell’assenza che divenne ferita indelebile, data dalla morte della madre. La sua crescita avvenne sotto le amorevoli cure della nonna materna.

4217F015-D299-47BA-9A3C-61E4A22694BACourtesy of Museo del Costume ©ph. Mereu

A Roma fece le scuole superiori, il liceo artistico e l’Accademia di Belle Arti. Il richiamo dell’isola era talmente forte, che scelse di rientrare a Nuoro come insegnante di Educazione Artistica.  Unitamente all’insegnamento dipingeva e lavorava come interior  designer. Intanto veniva sempre più assorbito dai suoi interessi per la moda.  Studiava con una tenacia invidiabile, mosso da quel spiccato senso estetico insito nella sua anima, unito ad  una curiosità irrefrenabile e teso  verso realizzazioni  che, subordinate ai suoi progetti, riflettessero bellezza estetica, funzionalità e arte.

Quasi l’evolversi di un’idea colta in una distesa fiorita di riflessioni,  studi,  confronti con persone creative che frequentava e che aveva frequentato durante gli anni romani dell’Accademia.

DEE091ED-132E-4AF1-A0DF-C1FD94544299Courtesy of Museo del Costume ©ph. Mereu

Una svolta decisiva si ebbe nel 1950, quando il regista Augusto Genina, un cineasta allora in voga, lo contattò per curare ambienti, arredi, utensili e costumi del film “Edera”, tratto dal romanzo di Grazia Deledda. 

Esperienza che venne ripetuta nel 1958  nello sceneggiato edito dalla RAI  “Canne al vento” di Mario Landi, sempre della stessa Deledda, con Cosetta Greco e Franco Interlenghi.

Lavorò ad un’altro importante progetto, intorno al 1960, promosso dall’OECEOrganizzazione Europea per la Cooperazione Economica  “Progetto Sardegna” –  come consulente artistico nella creazione di linee, per lo sviluppo locale, orientate verso futuri scambi commerciali. Particolare attenzione meritano i disegni da lui creati presso vari centri di tessitura: Samugheo, Oliena, Santu Lussurgiu e altri. Qui ricordiamo le tomaie ricamate, dalle tessitrici e ricamatrici di Oliena, su suoi disegni per scarpe di lusso firmate da Ferragamo ed altre aziende prestigiose.

B07DD2D0-DBDF-4DD4-931E-0A11D5BCC01CCourtesy of Museo del Costume ©ph. Mereu

Il 1961 è un’altra data significativa per una collaborazione dell’artista con Giuseppe Palimodde, proprietario di un locale vicino Oliena in prossimità delle fonti di Su Gologone.

La struttura ebbe una nuova fisionomia, divenne un albergo-ristorante tra i più suggestivi della Provincia di Nuoro dove l’estetica, con riflessi  etnografici, sembrava coincidere con la bellezza della location e la selezione dei prodotti locali proposti nella ristorazione. 

Sulas  aveva progettato l’architettura e gli arredamenti con particolare attenzione ai dettagli. Un equilibrio sottile e armonico, tra tradizione e innovazione, dove l’oggetto realizzato – con rivisitazione di spazi e forme – aveva un suo significato, perché inserito in un contesto, dove la bellezza si percepiva in quanto viva, sfiorava e accarezzava i sensi.

La sardità era ispirazione intrecciata al presente e al suo estro creativo: armonizzava geometrie e faceva vibrare il colore.

Durante gli anni ‘60, nella parte nord-est della Sardegna, si stava sviluppando un turismo d’élite e la costa nei pressi di Arzachena era meta di artisti del jet set. Industriali e uomini facoltosi,  amavano la bellezza e la libertà di quel paradiso di acque cristalline, di spiagge selvagge e natura incontaminata, dai colori sfumati e profumi di cisto ed elicriso.  Luoghi dell’anima per riporre memorie.

Iniziava a sorgere la Costa Smeralda, tra grandi alberghi e ville, un progetto con finalità turistiche promosso da S.A. Karim Aga Khan che tra i suoi collaboratori coinvolse Sulas, interior designer, oltre ai celebri architetti del tempo Michele Busiri Vici, Luigi Vietti e  Jacques Couelle.

77BB8EB3-1BBF-4146-BDEC-08CB59FE84FACourtesy of Museo del Costume ©ph. Mereu

Il suo contributo fu fondamentale poiché scelse le linee stilistiche, alcune divenute simbolo, non solo della Costa Smeralda ma della Sardegna.  Impose che le lavorazioni venissero fatte esclusivamente in terra sarda da artigiani inseriti nel “Progetto Sardegna”.

Intanto continuava a dipingere paesaggi e nature morte, generi che amava e che mostravano un linguaggio pittorico di geometrie semplici, con suggestioni della pittura sarda e delle correnti artistiche del  periodo.

Troviamo opere figurative più vicine all’impressionismo,  come resa della sensazione visiva, meno folkloristiche, dove le pennellate sono veloci, il colore e i giochi di luce  sono dosati con raffinatezza ed armonia cromatica; in altre si colgono sfumature di modernità espressiva, senza contorni in cui lo spazio interagisce sul colore  teso verso un cenno di forma. Opere di preludio astratto, più soggettive, con violenti accenti cromatici, spazi evocativi in cui il colore esprime la forza della realtà che lo sguardo coglie, un po’ come rapire l’anima delle cose.

202A1D31-0176-4CBA-AB1A-67584B0F7870Courtesy of Museo del Costume ©ph. Mereu

Ogni sua inclinazione alludeva ad un essere infaticabile, a cui la vita aveva sottratto ma aveva donato quella forza interiore, che dilatava cose e cedeva rinascite. Distacco che dava risalto a quell’interiorità, quale luogo di idee in libertà,  spazio necessario per creare.

Riuscì a vivere il suo sogno con la sua costante ricerca, come lui stesso diceva: «un’arte di equilibrio, di purezza, di tranquillità […] il risultato di tanti momenti d’amore, la realizzazione di cose belle».

Da queste parole si evince il fine che perseguì per l’intera  vita, realizzare solo “cose belle”. Ogni istante creativo veniva da lui considerato un atto d’amore.

Era innamorato della vita e di quella forza insita in ognuno di noi, che soggiace al nostro vivere in cammino, che  avvicinandoci al trascendente racchiude il senso del nostro es[i]s[t]ere. 

©️Lycia Mele Ligios 

ad9af13d-0b8c-4c1c-9933-e8c78b2337eb.jpegCourtesy of Museo del Costume ©ph. Mereu

(pubblicato su Olbia.it 15 Maggio 2019)