“Twelve ee h s nine” un salto nel tempo in[finito] | In mostra al MAN di Nuoro : Olivo Barbieri –

Olivo Barbieri (particolare)

                                        di lycia mele ligios

“Le fotografie non servono a dimostrare un fatto, ma ad offrire una possibilità. […] La fotografia è la disciplina più vicina alla filosofia. Serve ad argomentare sulla percezione delle cose. E la realtà non è altro che percezione”

                                        Olivo Barbieri

Nuoro, 2 5  g i u g n o – “Twelve ee h s nine” sembrano “parole in libertà” di memoria futurista invece, definiscono il titolo originale e ricercato di una mostra esposta (nell’ultima programmazione) al Museo MAN – Museo d’Arte della Provincia di Nuoro – con sottotitolo “Dolmen e Menhir in Sardegna” di un affermato fotografo italiano: Olivo Barbieri.

Olivo Barbieri (particolare)

Olivo Barbieri,  Orroli 2021 | Courtesy of Museo MAN

Le “parole  in libertà” sono le ore 12, 3, 6, 9, di un orologio che ha catturato lo sguardo del fotografo,  rimasto colpito dalla loro bizzarra disposizione sotto un condizionatore.

Forse, un rimando concettuale al suo progetto espositivo: cogliere nella loro superba e primitiva bellezza elementi di pietra intrisi di storia, ora co[nge]l[a]ti / sottratti al fluire del tempo, privo di linee evolutive spazio-temporali, in cui l’istante si rappresenta nel suo esser-ci adesso.

Non c’è presenza dell’essere umano. Grande assente, viene percepito per le numerose testimonianze del suo operato.

Olivo Barbieri

Olivo Barbieri, emiliano di nascita, è uno tra i più celebri fotografi italiani.  Non avrebbe bisogno di presentazioni. Ma, voglio evidenziare alcune qualità che aiutano a capire nell’immediato la sua personalità curiosa, sensibile, introspettiva, poliedrica e raffinata. In una parola creativa.

Artista meticoloso e prolifico come dimostrano i numerosi progetti e collaborazioni intraprese. Per fare un esempio a soli 30 anni collaborava con un grande della fotografia italiana il mitico Luigi Ghirri.

Infinite le pubblicazioni prodotte che si riconoscono per le vesti grafiche: ricercate ed eleganti. Curioso del “mezzo meccanico” in modo irrefrenabile, tanto da inventare suggestivi esiti fotografici come il (geniale) focus selettivo, o gli innumerevoli studi sul colore dove riesce a ricreare originali rimandi a certa pittura espressionista (fauves).

Manifesta una sorta di inquietudine che si esprime nella libertà delle espressioni visuali, sempre alla  ricerca di nuove declinazioni per trasmettere nei fruitori nuove emozioni.  Innovativo sia negli studi sull’illuminazione artificiale, sia nell’utilizzo del disegno e nelle ricontestualizzazioni di opere pittoriche… I suoi lavori sorprendono come nuove epifanie di realtà. Apprezzato per i suoi lavori che riguardano non solo l’Italia, ma anche la Cina, l’India, l’America  e per le sue esperienze cinematografiche.

Olivo Barbieri Villaperuccio, 2021 | Courtesy of Museo MAN

 

La mostra del Museo MAN

La sua mostra al MAN di Nuoro, – su progetto della Fondazione Sardegna con la collaborazione del museo, a cura di Marco Delogu e Chiara Gatti, –  attribuisce inestimabile valore alla conoscenza e agli studi sulla identità culturale dell’isola.

In questo periodo storico segnato da pandemia, disastri ambientali, guerre, alienazioni sociali, il recupero di segni della storia potrebbe infondere più umanità. E su indicazione del filosofo Gianni Vattimo  “diventa umano la cura di ciò che è stato, dei residui, delle tracce del vissuto”.

Ed ecco una necessità come afferma Tonino Rocca, presidente del Museo, perseguire “un’indagine sul territorio, sulle tracce di un passato sopravvissuto e antropizzato dei luoghi.”

La Sardegna, nell’immaginario collettivo, è sempre stata  identificata con il nuraghe emblema della civiltà nuragica, ben visibile e documentato. A rafforzare ciò la comunità  internazionale dell’UNESCO  ha promosso (dopo l’accertamento di criteri rigorosi)  Patrimonio dell’Umanità il complesso nuragico di Barumini.

La presenza nell’isola di altri megaliti, – forse poco valorizzati, spesso confusi con pietre disposte accidentalmente sul terreno – e come questi abbiano orientato il gusto estetico degli abitanti, ispira il nuovo progetto sui dolmen e menhir.
Espressioni di architettura funeraria (risalenti al neolitico) che alludono a civiltà ben organizzate e con intensi rapporti commerciali.

I menhir, con la loro caratteristica forma di parallelepipedo, sono pietre disposte verticalmente nel terreno (in sardo pedras fittas),  mentre i dolmen elementi architettonici più strutturati a forma di pi greco π con una volta tra i due elementi impiantati.
Presenti  in varie zone della Sardegna, – oltre nell’area del Mediterraneo, con la  Corsica e la Francia, anche in Inghilterra, a dimostrazione della fitta rete di scambi tra le comunità, – spesso “protetti” da vegetazione, questi megaliti suscitano curiosità e interesse non solo alla comunità scientifica che li contestualizza e studia, ma anche a profani (come me) per quell’alone di mistero sui riti di sepoltura, e specialmente, secondo  alcune testimonianze della tradizione orale, per l’energia miracolosa che si sprigiona da queste pietre,  che sembra avere funzione terapeutica. 

Olivo Barbieri, Villa Sant’Antonio Oristano | Courtesy of Museo MAN

Le immagini rimandano  alla bellezza di luoghi incontaminati, soggetti alle leggi di una natura invasiva. Talvolta, il granito sembra  dipinto con “tratteggi”  di  licheni che ricoprono  la superficie della pietra e conferiscono quell’impronta unica che evoca  cromatismi  raffigurati da Arnold Böcklin in alcune sue opere. I colori appaiono ora tenui, ora più vividi per saturazione cromatica.  Spesso i megaliti sono nascosti tra la vegetazione, custode di quei luoghi.  Oppure, mancano idonee indicazioni esplicative.

L’immagine Fonni, 2021 sembra rappresentare un’installazione d’arte contemporanea forse un site-specific? o un’opera di Land Art, o ancora una tela astratta che racconta di mondi interiori legate a rinascite? Pur nel suo lieve accento geometrizzante é pura poesia con una natura che plasma l’unico cartello di legno con la sua irruenza dominatrice, mostrando la sua energia vitale che sovrasta quella umana. Elimina scritture. Ammutolisce chi osserva, ridefinendo il valore sacro del luogo preposto a meditazione e silenzio.

E nell’assenza di scrittura si coglie un monito per l’umanità intera che finge il non-ricordo: la natura può distruggere ciò che l’uomo crea, se non la si cura o tutela.

Olivo Barbieri, Fonni 2021 | Courtesy of Museo MAN

Troviamo sguardi in cui le testimonianze identitarie ataviche sono nascoste, ma nello stesso tempo,  si presentano tracce, rubate alla storia, in contesti privati come giardini, case, ovili, nell’inconsapevole  sacralità che avvolge queste pietre che raccontano di età in(de)finite.

Con Barbieri bruciano domande. “Interrogativi” rimbalzano e deflagrano nella nostra coscienza con tutta la loro forza devastante. Ciò che si percepisce diviene possibilità del far-si. Nel divenire acquisisce verità. Si rivedono situazioni limiti che con interventi adeguati potranno esser goduti dalla collettività?

Siamo lontani dai giochi di colore presenti in altri suoi lavori o da geometrie di volti urbani colti sorvolando con l’elicottero, azzurrità.

Con sguardo diretto, orizzontale la sua adesione al paesaggio è totale. Si fa presenza.  Si immerge, proprio come sosteneva  Serge Tisseron per inquadrare anche un frammento di mondo è necessario innanzitutto “sentirsi presi nel mondo”, in quel mondo che si ritrae.

Barbieri trasmette la sua percezione, quasi volesse farci da guida e noi possiamo assecondare il suo punto di vista e riflettere. Ci offre una possibilità come lui stesso dichiara nell’incipit sopra … in una concertazione proficua.

Integrato nella storia dell’isola, ne coglie l’identità regionale. Proprio lui che ama ricercare con  esattezza matematica il minimo comun denominatore dei luoghi che fotografa, nel palesare di aver assimilato la grammatica di certo linguaggio fotografico ( mi riferisco alle iniziali collaborazioni con Luigi Ghirri) o enfatizzare contrasti che stridono per alterità e richiamano il pensiero a nuove riletture e/o riflessioni.

Diversamente da altri lavori che raccontano di interventi architettonici realizzati dall’uomo, – che mutano, se non stravolgono paesaggi, in questo progetto la natura, con il suo riflesso evolutivo, appare libera, altèra, inafferrabile, egocentrica, dominatrice tra i megaliti, dove lo sguardo sfiora la sua fine ridefinendo l’eternità.

In sintesi non ci sono contrasti socioeconomici, né sensibilizzazione a tutela ambientale. Appare la storia vista da uno sguardo contemporaneo che non aggiunge né toglie. Mostra una percezione di realtà che per il fatto stesso che viene percepita è catalogabile come verità, hinc et nunc nel qui e ora.

Olivo Barbieri, Luras 2021 | Courtesy of MAN 

L’asse verticale, più o meno accentuato e imponente dei megaliti (forse in rappresentanza del ceto sociale di appartenenza o forse del ruolo), coglie certe architetture urbane che per assimilazione ricreano prospetti dalle forme allungate.

Oltre ai monumenti sepolcrali ritratti, più statici, lavorati dalla mano dell’uomo e dagli agenti geo-morfologici, altri protagonisti delle scene bucoliche sono gli alberi nel loro aprirsi e abbracciare l’area che li circonda, che raccontano l’operato dell’uomo come il taglio del sughero nelle maestose querce. Ora l’agire umano, lascia segni vividi che solo il tempo attenua. E la scrittura di luce suggella l’istante nell’annodare storie e memoria.

Una riflessione su cui soffermarsi potrebbe esser la durevolezza/solidità dei materiali vs. la caducità della natura. I megaliti sono integrati nel contesto, si mostrano per quel che sono. La natura presenta la sua fragilità nel mutare e nel suo esser inafferrabile. Un riflesso della natura umana?

La luce è quella del sole allo zenit, che rende nitide le immagini. Di trasparenza cristallina. Non c’è alcun elemento che rifletta un dramma. È la raffigurazione di un realtà che avvolge i sensi e infonde potere evocativo alle immagini. Infatti, è possibile percepire il profumo di macchia mediterranea, di terra brulla, arsa dal sole, di ovili, di bestiame che trova riparo all’ombra degli alberi. Assenze percepite da chi conosce quei luoghi che distinguono voci di natura come i grilli che friniscono indisciplinati o che danno forma al silenzio quando sentono i passi dell’uomo sul loro sentiero.

Olivo Barbieri esula da interpretazioni, esegue la commissione come un progetto di fede. Si pone come un ricercatore colto, vuole offrirci emozioni, richiamare sentimenti. Conosce l’isola più di noi sardi. Crea disincanto. E lascia una consapevolezza che già si possiede, ma qui si rimarca: la diversità e ricchezza ancora nascosta della nostra bellissima terra.

“È in te,

spirito mio,

che misuro

il tempo”

Sant’Agostino

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