“Twelve ee h s nine” un salto nel tempo in[finito] | In mostra al MAN di Nuoro : Olivo Barbieri –

Olivo Barbieri (particolare)

                                        di lycia mele ligios

“Le fotografie non servono a dimostrare un fatto, ma ad offrire una possibilità. […] La fotografia è la disciplina più vicina alla filosofia. Serve ad argomentare sulla percezione delle cose. E la realtà non è altro che percezione”

                                        Olivo Barbieri

Nuoro, 2 5  g i u g n o – “Twelve ee h s nine” sembrano “parole in libertà” di memoria futurista invece, definiscono il titolo originale e ricercato di una mostra esposta (nell’ultima programmazione) al Museo MAN – Museo d’Arte della Provincia di Nuoro – con sottotitolo “Dolmen e Menhir in Sardegna” di un affermato fotografo italiano: Olivo Barbieri.

Olivo Barbieri (particolare)

Olivo Barbieri,  Orroli 2021 | Courtesy of Museo MAN

Le “parole  in libertà” sono le ore 12, 3, 6, 9, di un orologio che ha catturato lo sguardo del fotografo,  rimasto colpito dalla loro bizzarra disposizione sotto un condizionatore.

Forse, un rimando concettuale al suo progetto espositivo: cogliere nella loro superba e primitiva bellezza elementi di pietra intrisi di storia, ora co[nge]l[a]ti / sottratti al fluire del tempo, privo di linee evolutive spazio-temporali, in cui l’istante si rappresenta nel suo esser-ci adesso.

Non c’è presenza dell’essere umano. Grande assente, viene percepito per le numerose testimonianze del suo operato.

Olivo Barbieri

Olivo Barbieri, emiliano di nascita, è uno tra i più celebri fotografi italiani.  Non avrebbe bisogno di presentazioni. Ma, voglio evidenziare alcune qualità che aiutano a capire nell’immediato la sua personalità curiosa, sensibile, introspettiva, poliedrica e raffinata. In una parola creativa.

Artista meticoloso e prolifico come dimostrano i numerosi progetti e collaborazioni intraprese. Per fare un esempio a soli 30 anni collaborava con un grande della fotografia italiana il mitico Luigi Ghirri.

Infinite le pubblicazioni prodotte che si riconoscono per le vesti grafiche: ricercate ed eleganti. Curioso del “mezzo meccanico” in modo irrefrenabile, tanto da inventare suggestivi esiti fotografici come il (geniale) focus selettivo, o gli innumerevoli studi sul colore dove riesce a ricreare originali rimandi a certa pittura espressionista (fauves).

Manifesta una sorta di inquietudine che si esprime nella libertà delle espressioni visuali, sempre alla  ricerca di nuove declinazioni per trasmettere nei fruitori nuove emozioni.  Innovativo sia negli studi sull’illuminazione artificiale, sia nell’utilizzo del disegno e nelle ricontestualizzazioni di opere pittoriche… I suoi lavori sorprendono come nuove epifanie di realtà. Apprezzato per i suoi lavori che riguardano non solo l’Italia, ma anche la Cina, l’India, l’America  e per le sue esperienze cinematografiche.

Olivo Barbieri Villaperuccio, 2021 | Courtesy of Museo MAN

 

La mostra del Museo MAN

La sua mostra al MAN di Nuoro, – su progetto della Fondazione Sardegna con la collaborazione del museo, a cura di Marco Delogu e Chiara Gatti, –  attribuisce inestimabile valore alla conoscenza e agli studi sulla identità culturale dell’isola.

In questo periodo storico segnato da pandemia, disastri ambientali, guerre, alienazioni sociali, il recupero di segni della storia potrebbe infondere più umanità. E su indicazione del filosofo Gianni Vattimo  “diventa umano la cura di ciò che è stato, dei residui, delle tracce del vissuto”.

Ed ecco una necessità come afferma Tonino Rocca, presidente del Museo, perseguire “un’indagine sul territorio, sulle tracce di un passato sopravvissuto e antropizzato dei luoghi.”

La Sardegna, nell’immaginario collettivo, è sempre stata  identificata con il nuraghe emblema della civiltà nuragica, ben visibile e documentato. A rafforzare ciò la comunità  internazionale dell’UNESCO  ha promosso (dopo l’accertamento di criteri rigorosi)  Patrimonio dell’Umanità il complesso nuragico di Barumini.

La presenza nell’isola di altri megaliti, – forse poco valorizzati, spesso confusi con pietre disposte accidentalmente sul terreno – e come questi abbiano orientato il gusto estetico degli abitanti, ispira il nuovo progetto sui dolmen e menhir.
Espressioni di architettura funeraria (risalenti al neolitico) che alludono a civiltà ben organizzate e con intensi rapporti commerciali.

I menhir, con la loro caratteristica forma di parallelepipedo, sono pietre disposte verticalmente nel terreno (in sardo pedras fittas),  mentre i dolmen elementi architettonici più strutturati a forma di pi greco π con una volta tra i due elementi impiantati.
Presenti  in varie zone della Sardegna, – oltre nell’area del Mediterraneo, con la  Corsica e la Francia, anche in Inghilterra, a dimostrazione della fitta rete di scambi tra le comunità, – spesso “protetti” da vegetazione, questi megaliti suscitano curiosità e interesse non solo alla comunità scientifica che li contestualizza e studia, ma anche a profani (come me) per quell’alone di mistero sui riti di sepoltura, e specialmente, secondo  alcune testimonianze della tradizione orale, per l’energia miracolosa che si sprigiona da queste pietre,  che sembra avere funzione terapeutica. 

Olivo Barbieri, Villa Sant’Antonio Oristano | Courtesy of Museo MAN

Le immagini rimandano  alla bellezza di luoghi incontaminati, soggetti alle leggi di una natura invasiva. Talvolta, il granito sembra  dipinto con “tratteggi”  di  licheni che ricoprono  la superficie della pietra e conferiscono quell’impronta unica che evoca  cromatismi  raffigurati da Arnold Böcklin in alcune sue opere. I colori appaiono ora tenui, ora più vividi per saturazione cromatica.  Spesso i megaliti sono nascosti tra la vegetazione, custode di quei luoghi.  Oppure, mancano idonee indicazioni esplicative.

L’immagine Fonni, 2021 sembra rappresentare un’installazione d’arte contemporanea forse un site-specific? o un’opera di Land Art, o ancora una tela astratta che racconta di mondi interiori legate a rinascite? Pur nel suo lieve accento geometrizzante é pura poesia con una natura che plasma l’unico cartello di legno con la sua irruenza dominatrice, mostrando la sua energia vitale che sovrasta quella umana. Elimina scritture. Ammutolisce chi osserva, ridefinendo il valore sacro del luogo preposto a meditazione e silenzio.

E nell’assenza di scrittura si coglie un monito per l’umanità intera che finge il non-ricordo: la natura può distruggere ciò che l’uomo crea, se non la si cura o tutela.

Olivo Barbieri, Fonni 2021 | Courtesy of Museo MAN

Troviamo sguardi in cui le testimonianze identitarie ataviche sono nascoste, ma nello stesso tempo,  si presentano tracce, rubate alla storia, in contesti privati come giardini, case, ovili, nell’inconsapevole  sacralità che avvolge queste pietre che raccontano di età in(de)finite.

Con Barbieri bruciano domande. “Interrogativi” rimbalzano e deflagrano nella nostra coscienza con tutta la loro forza devastante. Ciò che si percepisce diviene possibilità del far-si. Nel divenire acquisisce verità. Si rivedono situazioni limiti che con interventi adeguati potranno esser goduti dalla collettività?

Siamo lontani dai giochi di colore presenti in altri suoi lavori o da geometrie di volti urbani colti sorvolando con l’elicottero, azzurrità.

Con sguardo diretto, orizzontale la sua adesione al paesaggio è totale. Si fa presenza.  Si immerge, proprio come sosteneva  Serge Tisseron per inquadrare anche un frammento di mondo è necessario innanzitutto “sentirsi presi nel mondo”, in quel mondo che si ritrae.

Barbieri trasmette la sua percezione, quasi volesse farci da guida e noi possiamo assecondare il suo punto di vista e riflettere. Ci offre una possibilità come lui stesso dichiara nell’incipit sopra … in una concertazione proficua.

Integrato nella storia dell’isola, ne coglie l’identità regionale. Proprio lui che ama ricercare con  esattezza matematica il minimo comun denominatore dei luoghi che fotografa, nel palesare di aver assimilato la grammatica di certo linguaggio fotografico ( mi riferisco alle iniziali collaborazioni con Luigi Ghirri) o enfatizzare contrasti che stridono per alterità e richiamano il pensiero a nuove riletture e/o riflessioni.

Diversamente da altri lavori che raccontano di interventi architettonici realizzati dall’uomo, – che mutano, se non stravolgono paesaggi, in questo progetto la natura, con il suo riflesso evolutivo, appare libera, altèra, inafferrabile, egocentrica, dominatrice tra i megaliti, dove lo sguardo sfiora la sua fine ridefinendo l’eternità.

In sintesi non ci sono contrasti socioeconomici, né sensibilizzazione a tutela ambientale. Appare la storia vista da uno sguardo contemporaneo che non aggiunge né toglie. Mostra una percezione di realtà che per il fatto stesso che viene percepita è catalogabile come verità, hinc et nunc nel qui e ora.

Olivo Barbieri, Luras 2021 | Courtesy of MAN 

L’asse verticale, più o meno accentuato e imponente dei megaliti (forse in rappresentanza del ceto sociale di appartenenza o forse del ruolo), coglie certe architetture urbane che per assimilazione ricreano prospetti dalle forme allungate.

Oltre ai monumenti sepolcrali ritratti, più statici, lavorati dalla mano dell’uomo e dagli agenti geo-morfologici, altri protagonisti delle scene bucoliche sono gli alberi nel loro aprirsi e abbracciare l’area che li circonda, che raccontano l’operato dell’uomo come il taglio del sughero nelle maestose querce. Ora l’agire umano, lascia segni vividi che solo il tempo attenua. E la scrittura di luce suggella l’istante nell’annodare storie e memoria.

Una riflessione su cui soffermarsi potrebbe esser la durevolezza/solidità dei materiali vs. la caducità della natura. I megaliti sono integrati nel contesto, si mostrano per quel che sono. La natura presenta la sua fragilità nel mutare e nel suo esser inafferrabile. Un riflesso della natura umana?

La luce è quella del sole allo zenit, che rende nitide le immagini. Di trasparenza cristallina. Non c’è alcun elemento che rifletta un dramma. È la raffigurazione di un realtà che avvolge i sensi e infonde potere evocativo alle immagini. Infatti, è possibile percepire il profumo di macchia mediterranea, di terra brulla, arsa dal sole, di ovili, di bestiame che trova riparo all’ombra degli alberi. Assenze percepite da chi conosce quei luoghi che distinguono voci di natura come i grilli che friniscono indisciplinati o che danno forma al silenzio quando sentono i passi dell’uomo sul loro sentiero.

Olivo Barbieri esula da interpretazioni, esegue la commissione come un progetto di fede. Si pone come un ricercatore colto, vuole offrirci emozioni, richiamare sentimenti. Conosce l’isola più di noi sardi. Crea disincanto. E lascia una consapevolezza che già si possiede, ma qui si rimarca: la diversità e ricchezza ancora nascosta della nostra bellissima terra.

“È in te,

spirito mio,

che misuro

il tempo”

Sant’Agostino

©️Riproduzione Riservata

 

 

 

 

Museo MAN Nuoro | Tradizione e avanguardie negli arazzi dello Studio Pratha –

Arazzo Studio Pratha (particolare) All you need, 2022

« I tempi iniziali di tutte le arti sono i più ricchi di poesia, perchè è fatta di primitività e non di esperienza […]  Ogni linea, come ogni forma è un miracolo. Mistero dell’arte. Le linee amano lo spazio, creano dei ritmi, logicamente delle funzioni. Sono immense, autorevoli invitano i nostri occhi a disperdersi tra il susseguirsi di linee, forme e colori. »

Atanasio Soldati

Nuoro | Giugno 2023 – Atanasio Soldati,  pronuncia queste frasi per descrivere la natura delle sue ricerche espressive, segnate da un’intuito creativo non più legato alla rappresentazione della realtà.

Correva l’anno 1935 e l’Italia viveva un irripetibile fermento creativo di respiro europeista. L’arte mutava significati e forme.

Ho citato quelle parole perché ho colto il  linguaggio estetico degli arazzi dello Studio Pratha.

Finalmente sono riuscita a vederli. Sembrava che il tempo avesse ceduto il passo al suo eterno fluire.

Studio Pratha Foto EllEmmE

Courtesy of  Studio Pratha | Museo MAN Nuoro

Lo Studio Pratha è un centro di tessitura a telaio che promuove raffinate sintesi estetiche e mostra di aver assimilato e reinterpretato varie declinazioni e ricerche espressive dell’arte moderna, secondo quella “trasversatilità” (cara a Philippe Daverio) di cui é capace il pensiero umano.

Nasce a Nuoro nel 2017 da un’idea di Graziella Carta, che con capacità imprenditoriale, sensibilità estetica e creativa coinvolge in questo progetto alcune tessitrici del piccolo borgo di Sarule, paese collinare nel cuore della Barbagia.

Donne depositarie di complesse procedure dell’antica tradizione tessile: filano, colorano con prodotti naturali, intrecciano lana di pecora sarda con estrema precisione e accuratezza.  Utilizzano l’antico telaio verticale che “suonano” a quattro mani per una resa espressiva più intensa, con giochi di colore:  esiti cromatici   pulsanti che avvolgono sensi e anima. Un ritmo che definisce il vuoto creativo che per magia apre all’immaginazione e a nuovi pensieri.

Tra gli artisti che hanno realizzato disegni, – legati all’informale, – per i centri di tessitura artigianale, svincolati da patterns  tradizionali, ricordo per la sua originalità creativa Mauro Manca  (1913-1969) che,  – come ricorda Giuliana Altea nell‘opera Tessuti – Tradizione e innovazione della tessitura in Sardegna – “traspone nel tessuto le ricerche che contemporaneamente va conducendo in pittura: nei suoi tappeti troviamo energici tralicci neri su fondo bianco, […] effetti di dripping o di sovrapposizione e “cancellazione” di strati successivi di colore”.

Mauro Manca | Tappeto in lana, Aggius, 1959 | Collezione ISOLA

Accanto a questo progetto avanguardistico  (con rimandi all’espressionismo astratto di Jackson Pollock) Manca coltiva la sua idea di tutela della tradizione seppur rinnovandola. E, proprio per le tessitrici di Sarule, realizza alcuni disegni dove accanto alle caratteristiche tessili del  luogo (le righe)  inserisce elementi innovativi quali la luna e le stelle, accenti simbolici di certa tradizione esoterica.

Oggi, in continuità con l’idea rivoluzionaria di Mauro Manca, che aveva ben compreso come rielaborare la tradizione trasferendovi l’essenza del contemporaneo, l’attenzione agli arazzi dello Studio Pratha – che al momento si possono vedere in una mostra al MAN di Nuoro dal titolo “Pratha – Trame e geometrie”, fino al 25 Giugno, – da parte di operatori e istituzioni museali, nazionali e internazionali,  penso sia da ricercare nelle  suggestioni e corrispondenze che si sviluppano tra queste opere, la tradizione locale e certe tendenze artistiche d’avanguardia che nell’attuale esposizione sono legate all’astrattismo geometrico della prima metà del secolo scorso.

Infatti, distinguiamo esiti del Bauhaus – scuola tedesca d’arte e mestieri, – dell’astrattismo geometrico sviluppato dal Gruppo Como: Mario Radice, con le sue opere più spirituali, nella sua costante ricerca di proporzioni armoniche legate all’idea del divino o di Manlio Rho, Carla Badiali e tanti altri.

Artisti che in rottura con la tradizione, attribuivano nuovi significati a forme e colori con  linguaggi estetici rigorosi, alla ricerca di quella perfezione/verità che inesorabilmente sfugge, legati ad indagini soggettive,  più intime e spirituali.

È innegabile la prima emozione: appena si scorgono le opere appese alle pareti del museo, si viene travolti da una vibrante energia: una cascata di puri colori, intensi, accecanti. Come se d’improvviso, camminando sulla battigia, veniamo trascinati via da onde impetuose.  Una sensazione incredibile. La stessa che provai quando vidi per la prima volta le tele di Jackson Pollock. Tra colore e gestualità. Rimasi ipnotizzata. E  poiché sono opere allover non sapevo più dove guardare. Percepivo solo attrazione per la pluralità di segni e colori. Immaginavo Pollock immerso in una danza tribale che allontanava la sua inquieta malinconia e con le sue bacchette/manici dei pennelli gocciolava vernice sulle tele disposte per terra. Opere immense. 

Dopo il primo momento legato al colore, il rimando è stato al laboratorio di tessitura della scuola Bauhaus. Istituzione fondata a Weimar nel 1919 dall’architetto Walter Gropius, anche se ebbe altre sedi in varie città tedesche. prima della sua chiusura nel 1933.

Nata dalla fusione dell’Accademia di Belle Arti con la Scuola di Arti Applicate, vi si svolgeva la didattica per una  preparazione tecnica, a cui seguiva una creazione artigianale finalizzata ad una produzione industriale.  Contrariamente allo Studio Pratha,  dove la creatività si fonde con la progettualità stessa degli arazzi che sono pezzi unici.

Studio Pratha | foto ©️EllEmmE

New Bauhaus 2022 180×157 cm | Arazzo, Lana di pecora sarda Courtesy of ©️Studio Pratha | Museo MAN Nuoro

L’opera New Bauhaus, 2022 , mostra su una campitura chiara, una resa di trasparenza, una asimmetria armonica in una composizione di figure geometriche realizzate con colori primari, colori simbolo utilizzati da tanti artisti, tra i quali Piet Mondrian nelle sue ricerche neoplastiche a completamento della sua visione geometrico-matematica del mondo di cui cercava di coglierne l’essenza.

Guardando gli elementi di questo arazzo, si può evidenziare una certa staticità.  Le figure sembrano sospese. Galleggiano. È presente una certa profondità di campo (assente nelle opere di Mondrian) che si evince nelle ombre riprodotte; e forzando i significati si nota una relazione. Infatti, le cornici teoriche, sono composte da rette (perpendicolari) che s’incontrano, creando angoli retti.  Quindi comunicano. Sono unite.  Accanto, l’idea di un rettangolo aperto, senza chiusura o barriera che potrebbe alludere a disponibilità, accoglienza. Allusioni  etiche.  Forse inclusione? Una diversità che va com/presa, pur nella unicità e promuove nuove sintesi?

I due semicerchi (con diametro rivolto al centro) uno situato nella parte inferiore, in prossimità della terra, mentre quello blu, rivolto verso l’alto, un riflesso del cielo, con la presenza di un triangolo sulla sinistra, a cui si può attribuire un valore spirituale, – sembrano delimitare e avvolgere, con le loro semi-circonferenze, le figure centrali, quasi ad aspirare a una conciliazione tra forme geometrico-spaziali, ovvero l’arte, e il contenuto sociale del manufatto quindi il lavoro delle tessitrici, che realizzano trama e ordito, segni dell’agire umano, segni di vita.

Viene superata la ricerca di Mondrian tra arte e vita che nelle sue griglie tentava di raffigurare una conciliazione, un’integrazione.

In New Bauhaus, si può  notare un elemento che diversifica: la striscia verticale composta da due rettangoli allungati identici. Posti in continuità. Una perpendicolare, una via di unione alto-basso che sembra procedere oltre l’opera, tra cielo e terra. Forse una chiave di lettura dell’arazzo potrebbe essere che l’arte è essenza della vita, l’una rimanda all’altra. Necessarie per dare senso e contenuti all’esistenza, si alimentano reciprocamente instillate quali parti di una stessa anima, da un essere superiore.

Ecco perché in questi arazzi si percepisce una forte tensione spirituale che rimanda ad un’approccio meditativo, accanto ad una ricerca espressiva e sensibilità estetica per scelte cromatiche e forme geometriche.

Labyrintus 4, 2022 | Arazzo Lana di pecora sarda  | Courtesy of Studio Pratha Museo MAN Nuoro

Nell’opera Labyrintus,  2022, si rappresenta un percorso, con elementi disturbanti ripetitivi, problemi, superamenti, ricadute. Rettangoli e quadrati, alcuni strappati, sfilacciati, incompleti. In posizione centrale è raffigurato un quadrato nero a cui tutto sembra tendere in un movimento rotatorio. Un vuoto che crea distacco, ma che ha il potere di illuminare. La profondità è creata dalla disposizione dei rettangoli; allungati, sottili, alcuni con graziosi patterns decorativi, quasi barriere, come pezzi di nastro adesivo, in una struttura armonica. Nulla è casuale, tutto è consequenziale, elementi di sutura per unire  parti che altrimenti si perderebbero ma che risultano essere  funzionali.

Se forziamo il concetto  di sutura tra i rettangoli si potrebbe evocare l’idea di unione, interrelazione quindi collaborazione. Forse l’esperienza lavorativa che vivono le tessitrici, in cui gli arazzi nascono da una coralità di idee, una sinergia che é la forza  stessa del gruppo?

Altro riferimento ci viene dato dall’espressionismo astratto. E, tra le varie teorie dei colori  qui ricordo quella di Hans Hofmann, esponente di questo movimento americano, che se avesse visto le figure geometriche presenti  negli arazzi dello Studio Pratha le avrebbe definite “superfici pulsanti e luminose che emanano una luce mistica”. Quindi esseri viventi. Il cromatismo, quale espediente espressivo, sembra  riuscire  ad infondere lo spirito vitale. 

Dedalo 3, 2022 140×140 | Arazzo lana di pecora sarda | Courtesy of ©️StudioPratha | Museo MAN Nuoro

Guardando l’arazzo  Dedalo 3 si può percepire un leggero movimento, secondo la teoria  push/pull di Hofmann per la quale alcuni colori “spingono” fuori, emergono, mentre altri sembrano “tirare”, penetrare, allungare lo spazio visivo. Creare distanza.

Particolare Dedalo 3, 2022 ©️Studio Pratha

E precisamente i colori cosiddetti caldi, che si associano  alla luminosità del giorno, quindi il giallo, il rosso, l’arancione…spingono verso di noi, nel nostro spazio visivo. Hanno potere attrattivo. Mentre i colori freddi, legati all’oscurità e alla notte il blu, il marrone, il viola, sono distanti, si allontanano dai nostri occhi. Sono più discreti, meno invasivi. Pacati. Distensivi.

E dall’accostamento dei colori si crea movimento proprio perché il colore riflette sfumature diverse. Vibra.   Avvolge i sensi. Coinvolge. E permette di respirare quell’aria mistica di cui Hofmann parlava.

Rigore e logica mod. 4d, 2022 180×75 | Arazzo lana di pecora sarda | Courtesy of ©️Studio Pratha ! Museo MAN Nuoro

L’opera Rigore e logica,  2022,   mostra un armonioso equilibrio di colori, forme, segni,  in cui è ben visibile la tridimensionalità. Se si guarda con atteggiamento contemplativo,  liberando la mente dai pensieri, si può percepire.

Abbiamo sezioni di colore e strisce nere e bianche, percorsi che si intersecano, collegano, delimitano. Forse si raffigura  la società nella quale si vive? Che ha smarrito queste due categorie: rigore e logica? O riflette l’attuazione dell’opera stessa, tra il rigore della progettazione e la sua realizzazione al telaio, in cui tutto è consequenziale – secondo una linea evolutiva – con la compresenza dell’elemento della tradizione, le righe, che formano il piccolo quadrato?

Avrei desiderato approfondire, poiché non è possibile, spero almeno di aver  suscitato in voi la curiosità di visitare il MAN per vedere questi bellissimi arazzi. Posso solo aggiungere che la vera essenza dell’arte é riposta nell’anima di chi crea.  Lì, dove confluiscono, in ordine sparso, come fogli di libri gettati al vento. Alla rinfusa. Segni del passato e presente. E tra ricordi, cristalli preziosi della memoria, si r/accorda la contemporaneità. Proprio come gli arazzi realizzati  dallo Studio Pratha, in un alone di sincretismo « magico »,  per quella capacità di sintesi mostrata facendo confluire, con delicato lirismo,  tradizione e avanguardia.

©lyciameleligios

All’Archivio Mario Cervo #nonmollaremai di Tommy Rossi : prevenzione oncologica e musica … per mano

Olbia, 24 Maggio 2023 – Ad Olbia esiste un luogo incantato, un piccolo giardino immerso tra stradine affastellate di quartiere. Spazioso. Informale. Ogni angolo respira musica e la memoria sconfigge l’oblìo in eterno silenzio. 

Parlo dell’Archivio Mario Cervo e dell’Associazione Culturale che lo gestisce, sempre più attiva nel promuovere eventi diversificati che lasciano segni indelebili nell’anima dei presenti: sia per le tematiche proposte che per l’atmosfera, densa di energia che si respira.

Alle volte penso sia dovuto alla passione per la musica di Mario Cervo, alla sua inquieta curiosità, alle sue costanti ricerche tangibili per l’immensa mole di musica archiviata.

Ebbene sì, si percepisce una sua “velata presenza”, forse l’intenzione di consenso, riposta in un abbraccio per il lavoro di ricerca, tutela e divulgazione della tradizione musicale sarda, svolto dai suoi famigliari in un continuum con il suo precedente lavoro di raccolta.

Tommy Rossi | Courtesy of ©️archiviomariocervo

In questo tempio della musica sarda si è svolta la serata #nonmollaremai a carattere medico-divulgativo-solidale. Nata da un’idea dello speaker radiofonico Tommy Rossi, con la collaborazione dell’Ass. Culturale “Archivio Mario Cervo” e dei medici del reparto di Oncologia del San Giovanni Paolo II al fine di sensibilizzare le persone alla prevenzione e agli screening oncologici salvavita, a seguire stili di vita più sani per debellare l’insorgenza di forme tumorali.

Agli interventi degli oncologi seguono le esibizioni  (a titolo gratuito) di alcuni artisti sardi: il bluesman Francesco Piu e il gruppo etno-pop dei Tazenda e proprio al loro leader storico, Andrea Parodi, scomparso nel 2006 per un tumore, si dedica l’intera serata.
Inoltre, si promuove un fundraising per acquistare beni primari al reparto di Oncologia.

Il primo a prender parola è il primario di oncologia del GPII, Dott. Salvatore Ortu, che illustra brevemente la nascita del reparto inizialmente integrato nel reparto di Medicina.
Quando giunto ad Olbia nel 1992, dopo aver vinto il concorso di medico oncologo, organizzava un piccolo ambulatorio, grazie alla collaborazione del personale presente.

In seguito, ottenute nuove risorse finanziarie, nuovi spazi e nuove figure professionali riuscì a creare la realtà attuale che avrebbe permesso di seguire e prendersi cura dei pazienti oncologici nelle varie fasi.

Il cancro è una malattia che da un lato impressiona per i dati raccolti (su 160.000 abitanti della ASL Gallura, 1000 circa sono i pazienti oncologici per anno in Gallura, dato parziale perché si escludono le persone in cura presso altre strutture) dall’altra infonde speranza per la costante ricerca di terapie innovative e nuovi protocolli medici.

I pazienti in cura sono 7000, di cui 100 al giorno transitano in reparto per prime visite, follow up e terapie; 60 pazienti fruiscono dell’assistenza a domicilio in varie zone della Gallura; è attivo un hospice con 8 posti letto, pochi per una struttura che ha numeri importanti. (Si spera che arrivino nuove risorse per gli 8 nuovi posti letto promessi).

Dopo questa premessa di carattere organizzativo con allarmanti dati statistici, il Dott. Ortu ringrazia e ricorda il lavoro prezioso svolto dal personale infermieristico, riferimento costante e valido supporto per i medici e pazienti.

Francesco Piu | Courtesy of ©️archiviomariocervo

Ed ecco protagonista la musica con il talentuoso bluesman Francesco Piu che esegue alcuni brani classici del suo repertorio come l’intensa “Trouble So Hard” con una dedica a “Frantziscu,  faro per tutti i musicisti dell’isola”. Con parole di pura riconoscenza Piu ricorda Francesco Pilu, il carismatico musicista dei Cordas et Cannas, frontman, polistrumentista e voce del gruppo, rubato presto alla vita, lasciando sgomenti e increduli, chi lo conosceva.

Ora attinge dal passato leggendario della musica blues, con echi di Robert Johnson, padre fondatore, con sonorità frizzanti proprie dell’incredibile washboard, – strumento “povero” utilizzato fin dalle origini di questo genere musicale – e con la mitica armonica a bocca, che avvolge all’unisono la sua voce graffiante, calda e modula l’allegria sonora del washboard che trasmette vitalità, incoraggia.
Ciò prova come questo genere musicale sia autentica “poetica di sopravvivenza”, ( per citare lo scrittore Massimo Carlotto, che non scrive senza ascoltare blues)  anche se in realtà tutta la musica ha in sé questa potenzialità: aiuta a sopravvivere. È terapia per l’anima.  Lenisce ferite. Consola.  Acchiappa ricordi. Sfiora l’eterno.

Infine, prima di eseguire l’ultimo brano “Hold On” tratto dall’album “Pace e Groove” ripete l‘inno della serata #nonmollaremai perché è importante “resistere”.

Infatti, non bisogna mai perdere la speranza, ma al contrario ci si deve aggrappare per reagire, focalizzare bei ricordi e sensazioni provate e combattere. Ci si deve “incollare”, quasi aderire alle stupende emozioni che offre la vita espresse in tutto ciò che ci circonda: natura, cielo, mare, affetti più cari, animali domestici, tutto ciò che é vivo, che trasmette vita e che ci fa star bene. E, come ricorda lo stesso Piu nella canzone:

“Continua ad andare avanti e non sentirti mai solo […] 

Devi portare i tuoi sogni, i tuoi sogni amico mio 

Lungo ogni strada che percorri, 

in modo che possano prendere il volo”

Tommy Rossi e Teresa Pira | Courtesy of ©️archiviomariocervo

Dopo il breve concerto di Francesco Piu,  intervengono gli oncologi la dott.ssa Teresa Pira e il dott. Alessandro Masala, che espongono, con argomentazioni più tecniche e specifiche, i protocolli di prevenzione e screening; parlano dell’importanza di eliminare i fattori di rischio quali il fumo, l’obesità, la sedentarietà, i rapporti sessuali promiscui non protetti e l’abuso di alcolici (come prevenzione primaria).

Lo screening (detta prevenzione secondaria) comporta una diagnosi e se presenti lesioni precancerose si provvede a terapia o asportazione. 

La dott.ssa Pira esaustivamente parla: del vaccino (gratuito) HPV negli adolescenti sia maschi che femmine che rimuove il Papilloma Virus nel 95 per cento dei casi; dello screening gratuito attivo solo per mammella, colon-retto e collo dell’utero, ciò perché le statistiche hanno evidenziato una notevole riduzione della mortalità.

Dott. Masala continua a parlare di screening del colon-retto che nel 2023 è stato sospeso per mancati accordi con l’azienda farmaceutica che fornisce i dispositivi. Ma, sottolinea un dato infelice nel 2022 su 6000 lettere inviate per lo screening solo 1300 quelle evase e continua con l’approvazione di questo tipo di eventi al fine di sensibilizzare la popolazione a partecipare agli screening gratuiti e seguire i percorsi suggeriti.
Fare prevenzione è determinante perché questa forma tumorale, come riporta Dott. Masala, è la seconda per mortalità. I programmi di screening servono per ridurre questo dato, grazie anche ai “miglioramenti delle tecniche chirurgiche, all’innovazione delle terapie oncologiche”.

Si prosegue citando i markers tumorali spesso inaffidabili, a meno che non si abbia già una diagnosi; dei tumori del ramo encefalico che seppur trattati con terapie sempre più innovative presentano, purtroppo, un’elevata mortalità. Per questi tumori non esistono programmi di screening, ma si possono debellare seguendo sani stili di vita, eliminando i fattori di rischio primario precedentemente elencati e si conclude con un dato statistico sconcertante “l’80 per cento dei tumori cervico-cefalici sono correlati all’abuso di alcohol e sigarette” mentre il 20 per cento esulano da stili di vita impropri e possono esser di natura virale, HPV, virus di Epstein-Barr a ciò si aggiungono esposizioni a solventi, polveri,  etc. in ambito lavorativo che determinano i cosiddetti “processi di carcinogenesi”e sviluppano la malattia.

Interventi illuminanti su cui è bene soffermarsi e riflettere poiché nessuno è immune. Spesso si fugge davanti alla parola tumore,  si respinge perché prevale la paura dell’ignoto.  Gli ammalati si chiudono in loro stessi poiché le priorità rispetto alle persone sane mutano. Si cerca di vivere una vita parallela focalizzata sulle terapie e il recupero delle energie bruciate dalle terapie. Alla fine si sceglie “involontariamente” di parlare e condividere timori e perplessità con le persone  che affrontano lo stesso cammino per affinità e per combattere insieme, ma se si uniscono le forze, in un supporto reciproco, o chiedendo aiuto agli altri senza timore, la battaglia risulta essere meno dura e si ha la possibilità di vincere. 

Tommy Rossi, Alessandro Masala, Teresa Pira | Courtesy of ©️archiviomariocervo

Ecco, l’immenso valore delle tre parole #nonmollaremai, simbolo di  resistenza vitale, per sforzarsi di vedere bagliori, lì dove sembra dominare l’oscurità.

Oltre alla prevenzione, in fase di terapia è bene avere un atteggiamento positivo, liberare la mente da pensieri o situazioni spiacevoli con l’ausilio della meditazione (che io proporrei come disciplina nelle scuole dell’obbligo  al pari dell’insegnamento dell’educazione fisica) e praticare la gratitudine. 

A questo punto, nella notte vestita di musica appaiono i Tazenda, gruppo tra i più innovativi del panorama musicale sardo, che è riuscito a distinguersi per le rielaborazioni sonore, attinte dal patrimonio etnico dell’isola , con il rock e il pop, e per l’alternanza linguistica nelle strofe: sardo – nella variante logudorese – e italiano. 

Appare nella sua formazione attuale: Gino Marielli e Gigi Camedda,  icone della band sarda rispettivamente chitarra del gruppo e voce il primo,   e tastiera, piano e voce il secondo;  Nicola Nite, frontman del gruppo dal 2013, palesemente ben integrato anche nelle canzoni che hanno segnato la storia musicale del gruppo, quando erano presenti Andrea Parodi o Beppe Dettori.

I Tazenda:  Gigi Camedda, Nicola Nite, Gino Marielli | Courtesy of ©️archiviomariocervo

 

In loro compagnia si vive un affascinante e struggente viaggio nel tempo,  in quella memoria storica che amplifica ricordi e allunga la vita. 

Si comincia dal 1992, trionfo sanremese, “Pitzinnos in sa gherra” con le loro armonizzazioni – che ben definiscono la band conferendole unicità o meglio riconoscibilità – e con l’inserimento di due strofe scritte in lingua italiana dal cantautore Fabrizio De André.

Una canzone evergreen, dal tema di un’attualità sconcertante e dolorosa. Protagonisti i bambini che vivono nei territori colpiti da conflitti e guerre infinite, non conosceranno la spensieratezza, la purezza dell’infanzia nel giocare con le armi. Oggetti che annientano vite considerate alla stregua di un nulla.

Poi è la volta di “Carrasecare” del 1988, scritta con la collaborazione di  Piero Marras. L’indistinguibile sound, qui con ritmi più vivaci, racchiude l’essenza del carnevale barbaricino dove la presenza di rituali apotropaici richiama libertà, spensieratezza. Vivere senza limiti.

Un momento di struggente nostalgia si percepisce con “Domo Mea”, del 2007, canzone scritta in ricordo di Andrea Parodi con la  collaborazione di Beppe Dettori (allora solista del gruppo) ed Eros Ramazzotti.  Un brano indimenticabile,  con una melodia raffinata che sapientemente intreccia alla lingua sarda caratterizzanti e distinguibili sonorità del trio.

Si ricorda la collaborazione con i Modà nel brano “Cuore e vento”, scritto da Kekko Silvestri con Gino Marielli. Una lirica dedicata alla Sardegna,  isola di tradizioni millenarie,  dominata da intensi profumi, sapori e da un vento di maestrale che le fa da “corazza”  e da una bellezza quasi ammaliante,  di cui “anche la luna si arrende”e dove la stagione più bella è la primavera.

Il concerto continua attingendo ancora dal passato con Mamoiada, dedicata al piccolo paese omonimo, un brano del 1991 con risvolto sociologico. 

Ora il canto diventa più introspettivo, una delicata dimensione spirituale in La Ricerca di te (2007):  “Portami oltre il pensiero / Aldilà del mistero / Aiuta la mia Essenza ad andare via da ogni idea / Invitami ogni giorno alla ricerca di me”

Quando appare un quadro impressionista con “Spunta la luna dal monte” del 1991 – scritta da Gino Marielli, penna d’oro del gruppo – in collaborazione con Pierangelo Bertoli: una scena notturna tra luci dorate di luna che vibrano e abbracciano bimbi poveri che manifestano gioia pur nei loro semplici giochi di strada.

Infine non poteva mancare la canzone identitaria dei sardi, eseguita da tanti artisti tra i quali i Tazenda “Non potho reposare”.

Finisce con queste note la serata inaugurale di #nonmollaremai di Tommy Rossi and friends nel giardino dell’archivio tra episodi musicali che hanno reso lievi argomenti complessi e dolorosi, hanno nutrito lo spirito per le tante emozioni vissute, con una consapevolezza sempre più crescente: del perché la musica sia priva di confini e funga da antidoto alla nostalgia, nella sua immediatezza di cogliere ricordi e poterli rivivere; e inoltre, di quanto sia, da sempre, la migliore terapia per l’anima.

 

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©️lyciameleligios

Red Wine live | Il Bluegrass, musica che crea spazio al pensiero

 

La musica ha un potere che nessun’altra cosa possiede. Avete mai notato di ritrovarvi a far defluire pensieri e lasciar spazio a nuovi contenuti, quando esausti o di malumore per una situazione vissuta, ascoltate la vostra musica preferita, pop o allegra?

Certa musica, se filtrata con l’anima, permette di rinnovare luoghi della mente. Fa spazio. Crea respiro.  Trasmette stati d’animo sotto forma di contagio — come l’allegria, la gioia, la positività — che si declinano con l’esecuzione di determinate variazioni musicali.
In sintesi ciò che si è vissuto sabato scorso durante la terza serata del Musicultura World Festival 2021: “Musica dalle Finis Terrae” di San Teodoro.

Protagonisti i Red Wine, un quartetto di validi musicisti genovesi di bluegrass: preparati, ironici, coinvolgenti, famosi in Italia e all’estero che hanno reso speciale e indimenticabile, la serata teodorina,  luogo dove trasparenze del mare sfumano orizzonti, senza segnare confini di cielo.

E, sotto la volta stellata, nell’angolo dedicato ai concerti live, si sono esibiti Marco Ferretti alla chitarra, Lucas Bellotti al basso e Silvio Ferretti e Martino Coppo, storici del gruppo , rispettivamente al Banjo e al mandolino, con un vocal range accurato, coeso, armonico che ha conquistato il parterre.

Archivio Musicultura Festival | ©️bruno piccinnu


Durante la serata, hanno eseguito alcuni brani dall’ultimo lavoro, Caroline Red, insieme a testi iconici della storia della musica, arrangiati in stile country, con qualche digressione nella canzone italiana. Uno spettacolo ben dosato, gradevole e soprattutto capace di farci sognare.

Si, il sogno é stato l’ orizzonte verso il quale siamo stati proiettati. Un viaggio immaginario, intessuto di emozioni, nelle terre del “sogno americano” — che mai aderì alla realtà immaginata — almeno per coloro che emigrarono in America, alla ricerca di un benessere socio-economico, proprio negli anni in cui si diffuse il bluegrass.

Nato nel Kentucky, intorno agli anni ‘30 del secolo scorso, il bluegrass è un ramo del genere country che mostra assonanze con la musica inglese e irlandese, inflessioni residuali dei primi colonizzatori europei.

S’inizia con la classica ballata country, “Everything I use to do”, un testo di Ernie Rowell che evoca la fine di un amore. Il giovane protagonista, ancora innamorato della sua amata, riflette un agire distratto dal pensare il suo sentimento. Un tema di carattere universale che ha prodotto le più belle ed eterne canzoni d’amore.

Al contrario del melodico italiano, si può notare come nel genere country, la narrazione di una sofferenza causata dalla fine di un amore, mostra una struttura musicale briosa, allegra, e nella sua velocità sembra scandire il tempo dinamico, incalzante, rapido.
Si ricompone un equilibrio, dove le sonorità sembrano ribellarsi ad una sorta di ripetizione, aspirano ad una nuova stabilità giocando in un susseguirsi di scatti, prossimità, vicinanze, confluenze.

Protagonista il mandolino, in vivace dialogo con gli altri strumenti, quasi la musica volga ad alleggerire pensieri, infondere speranza, e forse invitare ad “ascoltarci”, come diceva il maestro Ezio Bosso, a rimodulare il senso dell’esistenza, vivere il passato, non semplicemente come ricordo ma come ciò che struttura il domani, come anima del nostro futuro in continua evoluzione. Le esperienze formano nel loro “stramarsi” dalla rete dell’esistere.

 Con “Archetto e violino”, brano scritto da un loro amico, ci ritroviamo negli ampi saloni di una tipica festa dai toni irlandesi quale momento per socializzare, da vivere in spensieratezza e innamorarsi. Innegabile l’energia di questa ballata che richiama le atmosfere dell’intenso film Alabama Monroe del regista Felix Van Groeningen. 

©️Archivio Red Wine


Di seguito “Last the old american dream” in cui  la voce narrante è una macchina, costruita nel 1958,   che suggerisce al proprietario di ripararla per ripartire verso nuove mete. 

Sogno americano inteso come libertà, ma anche benessere. Qui si allude  ad una “cura”, una manutenzione per poter continuare a viaggiare.

La macchina ha una sua forza concettuale che trasposta nella condizione degli  esseri umani sembra suggerire la necessità di provvedere alla cura del sé per acquisire quella capacità di fuga dalla staticità che logora, annienta, crea ristagno e involuzione.

Inoltre, si può cogliere un altro riferimento metanarrativo che prende spunto da una temporalità definita, a cui forse si allude, la diffusione del genere country in seguito alla realizzazione, nel 1958, di un film musicale “Country Music Holiday”, che aveva tra gli interpreti la mitica Zsa zsa Gabor, per affermare la dirompente diffusione di questo genere musicale sempre più seguito, seppur con accenti diversi.

Armonizzazioni delicate, accompagnate da un testo fluido, arioso, è la nuova dimensione dove l’esperienza permette di fare musica  “… dancing in the wind” danzando nel vento che viene ripetuto nel ritornello della ballata “Evergreen”, dal CD Caroline Red. 

Questo è il loro manifesto. Tanti sono gli anni trascorsi dall’anno di nascita del gruppo, formatosi nel 1978, che oggi continua a lavorare,  proporre musica con entusiasmo e passione, segnata dalla libertà di creare, come agli inizi della loro carriera. Ieri come oggi, generi musicali intramontabili, fondamenta della musica contemporanea da tutelare, custodire quale patrimonio artistico immateriale dell’umanità.

Rimettendoci in cammino, “chiudiamo gli occhi” e ci ritroviamo in Louisiana nel centrale e frenetico quartiere francese di New Orleans, bagnato dal fiume argentato del Mississippi, tra le vie pullulanti di ogni umanità con graziosi localini in cui si suona il dixieland. Una festa eterna di suoni, colori e umanità. Il pezzo eseguito “The dark times” pur senza fiati, riesce a codificare quel sentimento di accettazione e fiducia presente nella tradizione della musica afroamericana da cui deriva questo filone musicale. 

E dall’America, una breve sosta in Italia con alcune canzoni del nostro repertorio melodico tra le quali  “Oi Marì”, “Malafemmena” di Murolo e ancora “Buonasera signorina” di Buscaglione,  che esaltano il virtuosismo degli strumenti acustici, o ancora, la bellissima canzone scritta da Massimo Bubola e cantata da Fiorella Mannoia “Il cielo d’Irlanda”, una vera poesia che riprende significati universali con luoghi poetici che emozionano per la purezza e profondità delle parole.

Archivio Red Wine | ©️ken voltz

Rientriamo negli USA, nel Tennessee, con “Back to you” un testo d’amore dal tema nostalgico sullo sfondo della Guerra civile, motivo che spesso ricorre nel repertorio country americano.

Il protagonista, un soldato in trincea, ha nostalgia della sua amata e sembra vivere il desiderio di rivederla come una forza spirituale che gli permette di superare la dolorosa realtà vissuta al fronte.

Dagli USA ci spostiamo verso la nazione delle immense distese, dei cromatismi taglienti che “accecano” per bellezza, con quella sana voglia di vivere: il Brasile. Ed ecco le variazioni del mandolino, veloci sulla tastiera, che svuotano oscurità e diffondono gioia nel famoso brano “Tico Tico” del celebre compositore brasiliano Zequinha de Abreu (1880-1935).

Alla fine, lo spettacolo si fa ancora più intenso, con  un momento dedicato a coloro che sono stati grandi pionieri e innovatori, che hanno osato stravolgere musicalità e hanno lasciato segni indelebili. Funamboli del pentagramma.

Il primo artista Tom Petty, — grandissimo cantautore rock americano, creatore geniale, collaboratore e amico del grande Bob Dylan — di cui cantano “American girl”con un arrangiamento country, canzone icona per le future bande rock.
Verso la fine il ricordo dei Grateful Dead, una band che si distinse per la capacità rivoluzionaria di fondere vari generi musicali e dar vita al cosiddetto rock psichedelico. 

Una serata che ci ha fatto riscoprire l’intensità del vivere un concerto, perché esserci richiama esperienza stratificata per la sua totalità di sensazioni che l’web non potrà mai creare, reso possibile dalla bravura dei musicisti, dall’abilità dei tecnici del suono e delle luci e dalla gente che ha condiviso il momento come uno slancio verso il cielo e …ritorno.

©️lyciameleligios

 

Il sito dei Red Wine http://www.redwinemusic.net/band/

 

 

English Version

Red Wine | Bluegrass, the music that creates space for thought

Music has a power that no other thing has. Have you ever noticed that you find yourself letting thoughts flow and leaving room for new contents, when exhausted or in a bad mood for a lived situation, you listen to your favourite music, or pop or cheerful?


Certain music, if filtered with the soul, allows you to renew places of the mind. Make room. Create breath. It transmits states of mind in the form of contagion – for example, cheerfulness, joy, positivity – which are declined with the performance of a certain type of musical variations. This took place last Saturday during the third evening of the Musicultura World Festival 2021: “Musica dalle Finis Terrae” in San Teodoro.
The protagonists are Red Wine, a quartet of good bluegrass musicians: prepared, ironic, engaging, famous in Italy and abroad who made the Theodorine evening special, a place where the transparencies of the sea blur horizons, without marking borders.


And under the starry vault, in the corner dedicated to live concerts, Marco Ferretti on guitar, Lucas Bellotti on bass and Silvio Ferretti and Martino Coppo, historians of the group, respectively at Banjo and mandolin, performed with an accurate vocal range, cohesive, harmonious that has conquered the parterre.
During the evening, the group performed songs from the latest work, Caroline Red, along with some lyrics from the history of music, others arranged in a country style with some digression in the Italian song. A well-dosed, pleasant and above all able to make us dream show.
Yes, the dream was the horizon towards which we were projected. An imaginary journey, interwoven with emotions, in the lands of the “American dream” – never adhered to imagined reality – pursued by those who emigrated to America in search of socio-economic well-being, precisely in those years when bluegrass was spreading.


Born in Kentucky, around the 30s of the last century, bluegrass is a branch of the country genre that shows assonances with English and Irish music, residual variations of the first European colonizers.
It begins with the classic country ballad, “Everything I use to do”, a text by Ernie Rowell that evokes the end of a love. The young protagonist, still in love with his beloved, shows an action distracted by the thought of his feelings. A universal theme that has produced the most beautiful and eternal love songs.

Unlikely the Italian melodic genre, it can be seen that in the country genre, the narration of a suffering caused by the end of a love, shows a lively, cheerful musical structure, and in its speed it seems to mark the dynamic, pressing, rapid time. A vanished equilibrium is recomposed, where the sounds seem to rebel against a sort of repetition, aspire to a new stability by playing in a succession of shots, proximity, proximity, confluences.
The mandolin is the protagonist, in lively dialogue with the other instruments, as if the music wanted to lighten thoughts, instill hope, and perhaps invite us to “listen to us”, as the master Ezio Bosso said, reshape the meaning of existence, live the past, not simply as a memory but as what structures tomorrow, as the soul of our constantly evolving future. Experiences form in their falling away from the web of existence.
With “Bow and violin”, a song written by a friend of theirs, we find ourselves in the large halls of a typical Irish party as a moment to socialize, to live in carefree and fall in love. The energy of this ballad is undeniable, recalling the atmosphere of the intense film Alabama Monroe by director Felix Van Groeningen.
Below is “Last the old american dream” in which the narrator is a car built in 1958, which suggests to the owner to repair it in order to leave for new destinations.
American dream understood as freedom, but also well-being. Here we allude to a care, a maintenance to be able to continue travelling .
The machine has its own conceptual strength and in transposing the meaning on the condition of human beings it seems to suggest the need to take care of the self in order to acquire that capacity to escape from the stillness that wears out, annihilates, creates stagnation and involution.
Furthermore, we can grasp another metanarrative reference that takes its cue from a defined temporality, which is perhaps alluded to, the diffusion of the country genre following the realization, in 1958, of a musical film “Country Music Holiday”, which had among the interpret the legendary Zsa zsa Gabor, to affirm the disruptive diffusion of this increasingly popular musical genre, albeit with different accents.
Delicate harmonizations, accompanied by a fluid, airy text, is the new dimension where the experience allows you to make music “… dancing in the wind” dancing in the wind that is repeated in the chorus of the ballad “Evergreen”, from CD Caroline Red .

This is their manifesto. Many years have passed since the birth of the group, formed in 1978, which today continues to work, proposing music with enthusiasm and passion as if it were at the beginning of their career. Yesterday as today, timeless musical genres, foundations of contemporary music to be protected, to be preserved as an artistic heritage of the world.
Continuing our journey, we “close our eyes” and we find ourselves in Louisiana in the central French quarter of New Orleans, bathed by the silver Mississippi River, among the streets teeming with all humanity with charming little places where Dixieland
is played. An eternal feast of sounds, colours and humanity. The piece performed “The dark times”, even without wind, manages to encode that feeling of acceptance and trust present in the tradition of African American music from which this musical trend derives.


And from America, a brief stop in Italy with some songs from our melodic repertoire including “Oi Marì”, “Malafemmena” by Murolo and “Buonasera signorina” by Buscaglione, which enhance the virtuosity of the instruments, or even the beautiful song written by Massimo Bubola and sung by Fiorella Mannoia “Il cielo d’Irlanda”, a true poem that takes up universal meanings with poetic places that excite for the purity and depth of the words.

We return to the USA, in Tennessee, with a song linked to the sentiment of love, proposed here as a nostalgic theme, recurring in the American country repertoire, in the background the echo of the Civil War: “Back to you”.
The protagonist, a soldier in the trenches, misses his beloved and seems to experience the desire to see her again as a spiritual force that allows him to overcome the painful reality experienced at the front.


From the USA we move towards the nation of immense expanses, sharp colours that prove the sight, for the beauty, and healthy desire to live: Brazil. And here there are the variations of the mandolin, fast on the keyboard, that empty darkness and spread joy in the famous piece “Tico Tico” by the famous Brazilian composer Zequinha de Abreu (1880-1935).


In the end, the show becomes more intense, with a moment dedicated to great pioneers and innovators, who dared to overturn musicality and left indelible marks. Tightrope walkers of the pentagram.

The first artist Tom Petty, a great American rock singer-songwriter, collaborator and friend of the great Bob Dylan, who will follow on his tours . They sing, in a country arrangement, an iconic song for future rock bands “American girl” And finally a piece by the Grateful Dead, a band that stood out for its revolutionary ability to blend various musical genres and give life to the so-called psychedelic rock.

An evening that made us rediscover the intensity of living a concert, because being there recalls a layered experience for its totality of sensations that the web will never be able to create. Made possible by the skill of the musicians, the skill of the sound and lighting technicians and the people who shared the moment as a leap towards the sky and back.

 

 

©lyciameleligios

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

San Teodoro | Grazia Di Michele inaugura il Festival Musica dalle Finis Terrae con ”Poesie di Carta”

Gli eventi dell’estate teodorina continuano con un irrinunciabile appuntamento: il Musicultura World Festival “Musica dalle Finis Terrae”, dal 16 al 19 settembre, organizzato dal Comune di San Teodoro con il patrocinio della Regione Autonoma della Sardegna. 

In Piazza Gallura, giovedì 16 settembre alle 21,30, si esibirà la raffinata cantautrice Grazia Di Michele con lo spettacolo musicale “Poesie di carta”, un tributo a Marisa Sannia: la cantante e attrice di Iglesias  famosa, sulla fine degli anni ‘60, per la sua voce cristallina, inconfondibile.

©️Grazia Di Michele

“Tra noi c’era qualche affinità, – ricorda Grazia Di Michele – la vedevo così altera e coerente, raffinata ed elegante. A un certo punto ho iniziato a scoprire la parte di cantautrice che mi era sfuggita, e poi sono restata folgorata dalla sua maestria nel musicare la poesiaDentro c’è cura, amore, rispetto delle parole, dei suoni e dei mondi poetici a cui si è approcciata, incredibile”.

Negli ultimi anni della sua vita Marisa approfondisce la poesia di Federico Garcìa  Lorca e di autori sardi, Antioco Casula e Ciccittu Masala, declinando musiche per i loro versi alla propria terra, alla vita, all’amore.

I brani eseguiti sono intervallati da testi tradotti, pensieri, frasi estrapolati da copioni che la Sannia scrisse per la presentazione dei suoi spettacoli teatrali. 

Sul palco con Grazia Di Michele,  voce e chitarra,  si esibiscono Marco Piras al pianoforte, Fabiano Lelli alla chitarra,  Fabrizio Fabiano al violoncello e Bruno Piccinnu alle percussioni.

Venerdì 17 settembre vengono proposti due interessanti progetti musicali aperti a sperimentazioni, sempre nell’ambito di sonorità mediterranee, con forti accenti di sardità.

Il primo progetto Fantafolk di Andrea Pisu alle launeddas e Vanni Masala all’organetto, vincitori del Premio Maria Carta (2016) che vantano importanti collaborazioni con musicisti, jazzisti e orchestre di fama internazionale. 

©️Fanfafolk

A seguire, il secondo progetto musicale della serata, denominato “Musicalimba” dello storico gruppo Cordas et Cannas  che si caratterizza come un lungo viaggio “attraverso le radici culturali della musica sarda, attualizzata da armoniosi intarsi sonori presi da altre culture e generi musicali”. 

Un gruppo attento alla sperimentazione etnomusicale, che vanta 40 anni di attività, con numerose produzioni discografiche. 

I musicisti sono Francesco Pilu cantante e polistrumentista, Bruno Piccinnu alle percussioni e voce, Lorenzo Sabattini al basso, Sandro Piccinnu alla batteria, Gianluca Dessì alle chitarre e Alain Pattitoni alla voce, chitarra acustica ed elettrica. 

Sabato 18 settembre è la volta dello spettacolo musicale della band storica Red Wine. Tra i più affermati gruppi di bluegrass europei,  con preziosi riconoscimenti in Italia, in Europa e negli USA, il loro repertorio spazia dal bluegrass tradizionale a quello contemporaneo,  al country,  gospel e swing.

“Dal 1995 Red Wine ha regolarmente effettuato tour negli USA, partecipando al Bean Blossom Uncle Pen’s Memorial Day Bluegrass Festival (IN), Oklahoma International Bluegrass Festival (Guthrie OK), Walnut Valley Festival Winfield (KS), Bluegrass & Chili Festival (Tulsa-Claremore, OK), Strawberry Bluegrass Festival (Camp Mather, CA), Poppy Mountain Bluegrass Festival (Morehead, KY), Mohican Bluegrass Festival (Greer, OH), The Station Inn (Nashville,TN), e alle edizioni del 1995, 2001 e 2008 dell’ International Bluegrass Music Association IBMA “World of Bluegrass” (Owensboro e Louisville, KY, e Nashville,TN), Fan Fest, suonando in svariati Showcase apprezzati dal pubblico e da esperti del settore”.

©️Red Wine

Infine, domenica 19 settembre viene presentato il progetto A-COR-DA della talentuosa cantante brasiliana polistrumentista Carol Mello che da 5 anni vive in Portogallo.

Un progetto raffinato che,  oltre all’interessante voce della cantante  e  al suono caratteristico delle percussioni brasiliane (tamborim, pandeiro), si avvale delle sonorità degli strumenti a corda quali: contrabbasso, banjo, mandolino, cavaquinho e chitarra classica ed elettrica.

Il gruppo vive e lavora in Portogallo.  Sono presenti nei festival World Music brasiliana con la musica che “allontana tristezza”  quindi samba, choro, bossa nova e MPB. Oggi elaborano nuove contaminazioni sonore con trame musicali dei luoghi in cui hanno vissuto e/o suonato. 

La formazione multietnica è composta da musicisti di varia estrazione musicale: Romain Valentino polistrumentista italo-francese, Martin Pridal  con chitarra classica a 8 corde e il contrabbassista Matteo Marongiu. 

Spettacoli diversi per genere ma accomunati dall’elemento che più di ogni altra cosa unisce, dona spensieratezza e indirettamente libertà. E come ben  scrisse Victor Hugo:

“La musica esprime ciò che non può esser espresso a parole e ciò che non può rimanere in silenzio”.

©️lyciameleligios

Alghero | II Forum nazionale su editoria libraria e territorio organizzato da AES e ADEI “Tutti i libri del mondo”

Nella suggestiva città di origini catalane con scorci che evocano atmosfere esotiche, borgo di frontiera nei tempi passati, oggi sempre più aperta a culture “altre” per il festival letterario “Mediterranea. Culture, scambi, passaggi” organizzato da AES – Associazione Editori Sardi – il 16 Settembre, negli spazi dell’Ex mercato civico di Alghero, si promuove una tavola rotonda dal titolo “Pan Mediterraneo. Economia, sostenibilità, cultura”, il giorno successivo, 17 settembre, alle ore 10.00 si da avvio alla seconda edizione del Forum nazionale sull’editoria regionale “Tutti i libri del mondo”, promosso da ADEI – Associazione degli Editori Indipendenti – e organizzato congiuntamente all’Associazione Editori Sardi.

Il forum, nato nel 2019 per volontà di ADEI, intende sviluppare un dialogo su problematiche legate al mondo dell’editoria indipendente e locale, promuovere istanze legate a pluralità, indipendenza e autenticità.

Gli eventi saranno disponibili anche in diretta streaming sui canali social dell’AES, e il Forum anche sui canali sociali di ADEI.

«Il nostro Paese è caratterizzato da una incredibile, vivacissima pluralità di lingue, voci, culture, e la notevole varietà, per non dire “bibliovarietà” rappresentata dall’offerta libraria e culturale che caratterizza gli editori che fanno parte di ADEI – che, ricordiamolo, sono più di 250 – e vede nell’editoria territoriale un polmone di notevolissima rilevanza», dichiara Marco Zapparoli, presidente di ADEI.

«Anche la chiave di lettura di questa edizione risiede nel rapporto tra editoria indipendente, crescita culturale e territorio. Sia il meeting tra le associazioni regionali sia il programma generale mirano a evidenziare questi concetti, per aiutarci a trovare una reale integrazione tra mondi troppo spesso paralleli – afferma Simonetta Castia, presidente degli editori sardi e tra i promotori in casa ADEI dell’iniziativa, insieme a Marco Zapparoli e Isabella Ferretti».

A inaugurare la manifestazione con i saluti istituzionali saranno il sindaco di Alghero, Mario Conoci e il presidente della Fondazione Alghero, Andrea Delogu, per dare avvio alla prima sezione del Forum moderata da Marco Zapparoli, presidente dell’Associazione degli Editori indipendenti. 

Aprirà i lavori Simonetta Castia, presidente AES e rappresentante del Gruppo regionale ADEI, con una relazione a tema “Libri e pluralità. Un connubio inscindibile”. Molto atteso l’intervento del portavoce del Ministro della CulturaGianluca Lioni, che parlerà dell’azione del Governo nel confronto tra “Editoria libraria e territorio”.

L’ edizione 2021, realizzata con il patrocinio della Regione Sardegna, del Comune di Alghero, di Fondazione Alghero e Fondazione di Sardegna, sarà articolata in tre sezioni distinte.

La prima sarà strettamente riservata al networking, un’area riservata al mutuo scambio di esperienze e animata dai rappresentanti dell’editoria regionale e internazionale.

In questa prima fase è inserito il confronto dal titolo “Promozione della lettura e editoria indipendente. Il modello dei territori. Quali soluzioni?”, al quale parteciperanno sia le associazioni regionali di categoria della penisola, rappresentate da Chiara Finesso (Editori Veneti), Marco Gaspari (Associazione Editori del FVG), Mauro Garbuglia (Associazione Editori Marchigiani), Giovanni Chiriatti (Associazione Pugliese Editori), Salvatore Granata (Associazione Siciliana Editori), Alberto d’Angelo (Rete Campania ADEI), Simonetta Castia (Associazione Editori Sardi); sia le associazioni di aree mediterranee quali Catalogna, Valencia e Galizia, rappresentate da Silvia Bello Campos (Asociación Galega de Editoras) e Marian Val (Associació d’Editorials del País Valencià).

Nel pomeriggio il Forum riprenderà alle 17 con la seconda sezione dedicata alle istituzioni e alle imprese nazionali e regionali, moderata dalla vicepresidente ADEI Isabella Ferretti. A descrivere “Il ruolo di ADEI nella crescita dell’editoria indipendente” sarà Marco Zapparoli, presidente ADEI, seguito da Marco Pautasso, vicedirettore del Salone internazionale del libro, che parlerà del “Salone del libro e il rapporto con il territorio”.

Un intervento sulle dinamiche e strategie inerenti “La rete del libro e i patti per la lettura” sarà offerto da Angelo Piero Cappello, direttore del Centro per il Libro e la Lettura, mentre con Gilberto Floriani, direttore del Sistema Bibliotecario Vibonese, si approfondirà la tematica riservata a “Editoria, culture locali e biblioteche”. Ultimo intervento di questa sezione sarà a cura di Cleophas Adrien Dioma, presidente dell’associazione “Le Réseau” e direttore artistico del Festival Ottobre Africano, e sarà dedicato a “Cooperazione e territorio” e nello specifico al ruolo della cultura.

L’ ultima sezione, moderata dalla presidente AES Simonetta Castia offrirà, a partire dalle 18.30, uno spazio di confronto esperienziale in ambito nazionale e internazionale, a partire dall’intervento di Della Passarelli, che tratterà di “Editoria di progetto, sostenibilità e futuro”, portando l’esempio e l’esperienza della casa editrice Sinnos e quindi di Ibby Italia, di cui è vicepresidente.

Gustau Navarro della Generalitat de Catalunya – sede di Alghero, argomenterà il caso di studio della Catalogna per quanto concerne l’“Identità e unità culturale”, mentre con Àfrica Ramirez Olmos, presidente Associació d’Editorials del País Valencià, si parlerà di “Editar des del País Valencià”.

Quindi l’intervento di Henrique Alvarellos Casas dell’Asociación Galega de Editoras esporrà “Le sfide dell’editoria in galiziano: connettersi con il mondo attraverso l’identità”. L’ esperienza della “Scuola Librai Italiani. Un modello per la promozione della lettura”, sarà invece approfondita da Aldo Addis, vicepresidente Associazione Librai Italiani, e Ariase Barretta dell’Università Computense di Madrid tratterà di “Libri km zero? La gestione dei titoli stranieri da e per l’Italia”.

Infine Isabella Ferretti, vicepresidente ADEI, prima di dare spazio alle conclusioni porterà l’esempio del Book Pride per la tematica dedicata alle “Fiere ed editoria indipendente”.

Allo stato attuale fanno parte di ADEI l’Associazione Editori sardi (AES), socio fondatore e componente del Consiglio Direttivo, l’A.P.E. (Associazione Pugliese Editori) Èdi.Marca (Associazione Editori Marchigiani) e l’Associazione degli editori del FVG, ed è aperto il dialogo con le altre regioni. 

L’ingresso è libero fino a esaurimento posti con l’obbligo del green pass.