Novembre 2021 – Aria messicana ad Olbia, negli spazi dell’ Associazione Libere Energie, per una collettiva di artisti di Durango che irrompe nel torpore autunnale e ci induce, in concomitanza della Festività dei Morti, a riflettere sul tema della morte in toni più “luminosi” per la presenza di contrasti cromatici vivaci ed intensi, propri della tradizione messicana.
La curatrice Nuria Metzi Montoya, – di origini messicane e discendente del Montoya muralista, contemporaneo di Diego Rivera, marito della più celebre Frida Kahlo,- propone in mostra opere di alcuni suoi connazionali quali: Manuel Piñon, Alma Santillán, Antonio Díaz Cortés, Armando Montoya, Candelario Vázquez, César Muñoz Carranza, Diana Franco, Tomás Castro Bringas, Juan Rodríguez López, Germán Vallez, Eulene Franzcelia, José Luis Ruiz “el Piípi”, Helder Gandara, Paco Nava, Ricardo Fernández, J.Carlos Mendívil, Manuel Valles Gómez, Milton Navarro, Leonor Chacón Vera, Valentino Salas.
Ma, nella sala espositiva, si percepisce un’insolita energia associata ad un richiamo visivo, che scaturisce dalla varietà cromatica e dalla presenza di una pluralità di oggetti disposti su una struttura triangolare a piccoli gradini: fiori, ceri votivi, arance, frutta secca, specchi, bambole, piccoli teschi, pani, ventagli, marmellate, maschere. È un altare votivo tipico della tradizione popolare messicana che, in questo periodo, numerose famiglie allestiscono in un angolo della casa, in memoria dei propri cari.
Un altare del ricordo per il Dia de Muertos che nello spazio espositivo è dedicato al primo presidente messicano, originario di Durango, Guadalupe Victoria, al pittore realista e muralista Francisco Montoya de la Cruz, allo scultore Benigno Montoya, celebre per le sue stele funerarie e infine alla pittrice Mercedes Burciaga, nonna della curatrice e moglie di Francisco.
Altare domestico
L’allestimento dell’altare domestico come un’installazione artistica, quasi un far confluire l’arte nel quotidiano, oltre al tema della morte – che acquisisce connotati umani da esser identificata nella iconica Catrina (termine coniato da Diego Rivera)* simbolo nazionale, rappresentata con abiti europei come una sposa, – li potremo avvicinare, anche se in maniera semplicistica, alla definizione di “umore nero” che il surrealista, André Breton, vide radicato nella popolazione messicana che tende riconciliare/unire vita e morte.
Un concetto elaborato la cui assimilazione (almeno per noi) risulta complessa, che potremo definire d’avanguardia proprio come quei surrealisti che nei primi del novecento (1920) furono affascinati dalla cultura messicana in cui il linguaggio artistico esprimeva contenuti che stupivano, emozionavano e sconvolgevano.
Ma, sembrerebbe anche un concetto contemporaneo perchè derivato dalla stratificazione, meglio trasversalità, delle varie culture tra le quali: quelle precolombiane associate a culture di varie etnie; quella repressiva e violenta da parte dei colonizzatori spagnoli che tentarono di soffocare usi e costumi autoctoni; la diffusione della religione cristiana; la cultura africana diffusa con la tratta degli schiavi e altri fattori hanno creato un sincretismo originale caratterizzante l’identità culturale messicana, legata al culto dei morti.
Conciliarsi con la morte comporta un elevato grado di atteggiamento riflessivo, di spiritualità, di accettazione, di rassegnazione e implica un esilio dal tangibile, dal materialismo per far emergere tracce di pensiero, azioni, emozioni di coloro che hanno lasciato la terra, convivono nell’anima e si percepiscono come vivi.
La vita accoglie il suo senso con queste “presenze” e la morte diviene più concreta, più umana. Un significato che il poverello d’Assisi ben comprese ed espresse nel suo Cantico delle Creature.
Osservando le opere esposte, di cui molte legate al Dia de Muertos, si traspone in pittura il sentimento del ricordo, il desiderio di presenza, l’esserci.
Tra gli astratti si colgono urla implose in graffi ripetuti che invadono lo spazio o luoghi dagli esili confini che sembrano sfumare dinanzi al fluire eterno.
Nel figurativo tra surreale, popolare e espressionista troviamo alcuni volti abbozzati, altri profondamente segnati dalla sofferenza dell’assenza – come la bellissima paternità di Tomás Bringas, maestro incisore di Durango – che predispongono ad un’arte figurativa di indagine e di equilibrio nel rappresentare il dolore che rende, inermi dove il colore da struttura, dialoga con gli spazi, emana silente energia o dove la luminosità del bianco illumina e trasfigura quasi alludendo ad una distaccata rassegnazione.
E ancora figure che diffondono nella spazio della tela la loro consistenza materica in dissoluzione o altre con echi simbolisti che vagano sopra la terra mostrando la nuova natura di angeli che vigilano e proteggono.
La vista è l’organo preposto a seguire pieghe, riflessi taciuti, impercettibili presenze, soccorre dove manca la dimensione, dove accanto alla fissità e piattezza di bizantiniana memoria vi è sottesa una sorta di bellezza pura che mira all’essenziale senza particolari tecnicismi ma volta ad enfatizzare l’istante creativo nel segno del colore che assume valore semantico.
S’intravvedono alcune citazioni artistiche, ma la bellezza dell’arte è la capacità di sintesi nell’emulazione inconscia. Ciò apre squarci di cielo per nuove idee.
Una mostra che merita una visita: non solo per vivere un momento di nuove conoscenze etno-antropologiche, riflettere sulla sorella morte per utilizzare le parole di Francesco, gustarsi opere distanti dalla nostra sensibilità estetica ma perché l’evolversi della creatività va di pari passo con quella libertà a cui tutti aneliamo.
La musica ha un potere che nessun’altra cosa possiede. Avete mai notato di ritrovarvi a far defluire pensieri e lasciar spazio a nuovi contenuti, quando esausti o di malumore per una situazione vissuta, ascoltate la vostra musica preferita, pop o allegra?
Certa musica, se filtrata con l’anima, permette di rinnovare luoghi della mente. Fa spazio. Crea respiro. Trasmette stati d’animo sotto forma di contagio — come l’allegria, la gioia, la positività — che si declinano con l’esecuzione di determinate variazioni musicali. In sintesi ciò che si è vissuto sabato scorso durante la terza serata del Musicultura World Festival 2021: “Musica dalle Finis Terrae” di San Teodoro.
Protagonisti i Red Wine, un quartetto di validi musicisti genovesi di bluegrass: preparati, ironici, coinvolgenti, famosi in Italia e all’estero che hanno reso speciale e indimenticabile, la serata teodorina, luogo dove trasparenze del mare sfumano orizzonti, senza segnare confini di cielo.
E, sotto la volta stellata, nell’angolo dedicato ai concerti live, si sono esibiti Marco Ferretti alla chitarra, Lucas Bellotti al basso e Silvio Ferretti e Martino Coppo, storici del gruppo , rispettivamente al Banjo e al mandolino, con un vocal range accurato, coeso, armonico che ha conquistato il parterre.
Durante la serata, hanno eseguito alcuni brani dall’ultimo lavoro, Caroline Red, insieme a testi iconici della storia della musica, arrangiati in stile country, con qualche digressione nella canzone italiana. Uno spettacolo ben dosato, gradevole e soprattutto capace di farci sognare.
Si, il sogno é stato l’ orizzonte verso il quale siamo stati proiettati. Un viaggio immaginario, intessuto di emozioni, nelle terre del “sogno americano” — che mai aderì alla realtà immaginata — almeno per coloro che emigrarono in America, alla ricerca di un benessere socio-economico, proprio negli anni in cui si diffuse il bluegrass.
Nato nel Kentucky, intorno agli anni ‘30 del secolo scorso, il bluegrass è un ramo del genere country che mostra assonanze con la musica inglese e irlandese, inflessioni residuali dei primi colonizzatori europei.
S’inizia con la classica ballata country, “Everything I use to do”, un testo di Ernie Rowell che evoca la fine di un amore. Il giovane protagonista, ancora innamorato della sua amata, riflette un agire distratto dal pensare il suo sentimento. Un tema di carattere universale che ha prodotto le più belle ed eterne canzoni d’amore.
Al contrario del melodico italiano, si può notare come nel genere country, la narrazione di una sofferenza causata dalla fine di un amore, mostra una struttura musicale briosa, allegra, e nella sua velocità sembra scandire il tempo dinamico, incalzante, rapido. Si ricompone un equilibrio, dove le sonorità sembrano ribellarsi ad una sorta di ripetizione, aspirano ad una nuova stabilità giocando in un susseguirsi di scatti, prossimità, vicinanze, confluenze.
Protagonista il mandolino, in vivace dialogo con gli altri strumenti, quasi la musica volga ad alleggerire pensieri, infondere speranza, e forse invitare ad “ascoltarci”, come diceva il maestro Ezio Bosso, a rimodulare il senso dell’esistenza, vivere il passato, non semplicemente come ricordo ma come ciò che struttura il domani, come anima del nostro futuro in continua evoluzione. Le esperienze formano nel loro “stramarsi” dalla rete dell’esistere.
Con “Archetto e violino”, brano scritto da un loro amico, ci ritroviamo negli ampi saloni di una tipica festa dai toni irlandesi quale momento per socializzare, da vivere in spensieratezza e innamorarsi. Innegabile l’energia di questa ballata che richiama le atmosfere dell’intenso film Alabama Monroe del regista Felix Van Groeningen.
Di seguito “Last the old american dream” in cui la voce narrante è una macchina, costruita nel 1958, che suggerisce al proprietario di ripararla per ripartire verso nuove mete.
Sogno americano inteso come libertà, ma anche benessere. Qui si allude ad una “cura”, una manutenzione per poter continuare a viaggiare.
La macchina ha una sua forza concettuale che trasposta nella condizione degli esseri umani sembra suggerire la necessità di provvedere alla cura del sé per acquisire quella capacità di fuga dalla staticità che logora, annienta, crea ristagno e involuzione.
Inoltre, si può cogliere un altro riferimento metanarrativo che prende spunto da una temporalità definita, a cui forse si allude, la diffusione del genere country in seguito alla realizzazione, nel 1958, di un film musicale “Country Music Holiday”, che aveva tra gli interpreti la mitica Zsa zsa Gabor, per affermare la dirompente diffusione di questo genere musicale sempre più seguito, seppur con accenti diversi.
Armonizzazioni delicate, accompagnate da un testo fluido, arioso, è la nuova dimensione dove l’esperienza permette di fare musica “… dancing in the wind” danzando nel vento che viene ripetuto nel ritornello della ballata “Evergreen”, dal CD Caroline Red.
Questo è il loro manifesto. Tanti sono gli anni trascorsi dall’anno di nascita del gruppo, formatosi nel 1978, che oggi continua a lavorare, proporre musica con entusiasmo e passione, segnata dalla libertà di creare, come agli inizi della loro carriera. Ieri come oggi, generi musicali intramontabili, fondamenta della musica contemporanea da tutelare, custodire quale patrimonio artistico immateriale dell’umanità.
Rimettendoci in cammino, “chiudiamo gli occhi” e ci ritroviamo in Louisiana nel centrale e frenetico quartiere francese di New Orleans, bagnato dal fiume argentato del Mississippi, tra le vie pullulanti di ogni umanità con graziosi localini in cui si suona il dixieland. Una festa eterna di suoni, colori e umanità. Il pezzo eseguito “The dark times” pur senza fiati, riesce a codificare quel sentimento di accettazione e fiducia presente nella tradizione della musica afroamericana da cui deriva questo filone musicale.
E dall’America, una breve sosta in Italia con alcune canzoni del nostro repertorio melodico tra le quali “Oi Marì”, “Malafemmena” di Murolo e ancora “Buonasera signorina” di Buscaglione, che esaltano il virtuosismo degli strumenti acustici, o ancora, la bellissima canzone scritta da Massimo Bubola e cantata da Fiorella Mannoia “Il cielo d’Irlanda”, una vera poesia che riprende significati universali con luoghi poetici che emozionano per la purezza e profondità delle parole.
Rientriamo negli USA, nel Tennessee, con “Back to you” un testo d’amore dal tema nostalgico sullo sfondo della Guerra civile, motivo che spesso ricorre nel repertorio country americano.
Il protagonista, un soldato in trincea, ha nostalgia della sua amata e sembra vivere il desiderio di rivederla come una forza spirituale che gli permette di superare la dolorosa realtà vissuta al fronte.
Dagli USA ci spostiamo verso la nazione delle immense distese, dei cromatismi taglienti che “accecano” per bellezza, con quella sana voglia di vivere: il Brasile. Ed ecco le variazioni del mandolino, veloci sulla tastiera, che svuotano oscurità e diffondono gioia nel famoso brano “Tico Tico” del celebre compositore brasiliano Zequinha de Abreu (1880-1935).
Alla fine, lo spettacolo si fa ancora più intenso, con un momento dedicato a coloro che sono stati grandi pionieri e innovatori, che hanno osato stravolgere musicalità e hanno lasciato segni indelebili. Funamboli del pentagramma.
Il primo artista Tom Petty, — grandissimo cantautore rock americano, creatore geniale, collaboratore e amico del grande Bob Dylan — di cui cantano “American girl”con un arrangiamento country, canzone icona per le future bande rock. Verso la fine il ricordo dei Grateful Dead, una band che si distinse per la capacità rivoluzionaria di fondere vari generi musicali e dar vita al cosiddetto rock psichedelico.
Una serata che ci ha fatto riscoprire l’intensità del vivere un concerto, perché esserci richiama esperienza stratificata per la sua totalità di sensazioni che l’web non potrà mai creare, reso possibile dalla bravura dei musicisti, dall’abilità dei tecnici del suono e delle luci e dalla gente che ha condiviso il momento come uno slancio verso il cielo e …ritorno.
Red Wine | Bluegrass, the music that creates space for thought
Music has a power that no other thing has. Have you ever noticed that you find yourself letting thoughts flow and leaving room for new contents, when exhausted or in a bad mood for a lived situation, you listen to your favouritemusic, or pop or cheerful?
Certain music, if filtered with the soul, allows you to renew places of the mind. Make room. Create breath. It transmits states of mind in the form of contagion – for example, cheerfulness, joy, positivity – which are declined with the performance of a certain type of musical variations. This took place last Saturday during the third evening of the Musicultura World Festival 2021: “Musica dalle Finis Terrae” in San Teodoro. The protagonists are Red Wine, a quartet of good bluegrass musicians: prepared, ironic, engaging, famous in Italy and abroad who made the Theodorine evening special, a place where the transparencies of the sea blur horizons, without marking borders.
And under the starry vault, in the corner dedicated to live concerts, Marco Ferretti on guitar, Lucas Bellotti on bass and Silvio Ferretti and Martino Coppo, historians of the group, respectively at Banjo and mandolin, performed with an accurate vocal range, cohesive, harmonious that has conquered the parterre. During the evening, the group performed songs from the latest work, Caroline Red, along with some lyrics from the history of music, others arranged in a country style with some digression in the Italian song. A well-dosed, pleasant and above all able to make us dream show. Yes, the dream was the horizon towards which we were projected. An imaginary journey, interwoven with emotions, in the lands of the “American dream” – never adhered to imagined reality – pursued by those who emigrated to America in search of socio-economic well-being, precisely in those years when bluegrass was spreading.
Born in Kentucky, around the 30s of the last century, bluegrass is a branch of the country genre that shows assonances with English and Irish music, residual variations of the first European colonizers. It begins with the classic country ballad, “Everything I use to do”, a text by Ernie Rowell that evokes the end of a love. The young protagonist, still in love with his beloved, shows an action distracted by the thought of his feelings. A universal theme that has produced the most beautiful and eternal love songs.
Unlikely the Italian melodic genre, it can be seen that in the country genre, the narration of a suffering caused by the end of a love, shows a lively, cheerful musical structure, and in its speed it seems to mark the dynamic, pressing, rapid time. A vanished equilibrium is recomposed, where the sounds seem to rebel against a sort of repetition, aspire to a new stability by playing in a succession of shots, proximity, proximity, confluences. The mandolin is the protagonist, in lively dialogue with the other instruments, as if the music wanted to lighten thoughts, instill hope, and perhaps invite us to “listen to us”, as the master Ezio Bosso said, reshape the meaning of existence, live the past, not simply as a memory but as what structures tomorrow, as the soul of our constantly evolving future. Experiences form in their falling away from the web of existence. With “Bow and violin”, a song written by a friend of theirs, we find ourselves in the large halls of a typical Irish party as a moment to socialize, to live in carefree and fall in love. The energy of this ballad is undeniable, recalling the atmosphere of the intense film Alabama Monroe by director Felix Van Groeningen. Below is “Last the old american dream” in which the narrator is a car built in 1958, which suggests to the owner to repair it in order to leave for new destinations. American dream understood as freedom, but also well-being. Here we allude to a care, a maintenance to be able to continue travelling . The machine has its own conceptual strength and in transposing the meaning on the condition of human beings it seems to suggest the need to take care of the self in order to acquire that capacity to escape from the stillness that wears out, annihilates, creates stagnation and involution. Furthermore, we can grasp another metanarrative reference that takes its cue from a defined temporality, which is perhaps alluded to, the diffusion of the country genre following the realization, in 1958, of a musical film “Country Music Holiday”, which had among the interpret the legendary Zsa zsa Gabor, to affirm the disruptive diffusion of this increasingly popular musical genre, albeit with different accents. Delicate harmonizations, accompanied by a fluid, airy text, is the new dimension where the experience allows you to make music “… dancing in the wind” dancing in the wind that is repeated in the chorus of the ballad “Evergreen”, from CD Caroline Red .
This is their manifesto. Many years have passed since the birth of the group, formed in 1978, which today continues to work, proposing music with enthusiasm and passion as if it were at the beginning of their career. Yesterday as today, timeless musical genres, foundations of contemporary music to be protected, to be preserved as an artistic heritage of the world. Continuing our journey, we “close our eyes” and we find ourselves in Louisiana in the central French quarter of New Orleans, bathed by the silver Mississippi River, among the streets teeming with all humanity with charming little places where Dixielandis played. An eternal feast of sounds, colours and humanity. The piece performed “The dark times”, even without wind, manages to encode that feeling of acceptance and trust present in the tradition of African American music from which this musical trend derives.
And from America, a brief stop in Italy with some songs from our melodic repertoire including “Oi Marì”, “Malafemmena” by Murolo and “Buonasera signorina” by Buscaglione, which enhance the virtuosity of the instruments, or even the beautiful song written by Massimo Bubola and sung by Fiorella Mannoia “Il cielo d’Irlanda”, a true poem that takes up universal meanings with poetic places that excite for the purity and depth of the words.
We return to the USA, in Tennessee, with a song linked to the sentiment of love, proposed here as a nostalgic theme, recurring in the American country repertoire, in the background the echo of the Civil War: “Back to you”. The protagonist, a soldier in the trenches, misses his beloved and seems to experience the desire to see her again as a spiritual force that allows him to overcome the painful reality experienced at the front.
From the USA we move towards the nation of immense expanses, sharp colours that prove the sight, for the beauty, and healthy desire to live: Brazil. And here there are the variations of the mandolin, fast on the keyboard, that empty darkness and spread joy in the famous piece “Tico Tico” by the famous Brazilian composer Zequinha de Abreu (1880-1935).
In the end, the show becomes more intense, with a moment dedicated to great pioneers and innovators, who dared to overturn musicality and left indelible marks. Tightrope walkers of the pentagram.
The first artist Tom Petty, a great American rock singer-songwriter, collaborator and friend of the great Bob Dylan, who will follow on his tours . They sing, in a country arrangement, an iconic song for future rock bands “American girl” And finally a piece by the Grateful Dead, a band that stood out for its revolutionary ability to blend various musical genres and give life to the so-called psychedelic rock.
An evening that made us rediscover the intensity of living a concert, because being there recalls a layered experience for its totality of sensations that the web will never be able to create. Made possible by the skill of the musicians, the skill of the sound and lighting technicians and the people who shared the moment as a leap towards the sky and back.
Gli eventi dell’estate teodorina continuano con un irrinunciabile appuntamento: il Musicultura World Festival “Musica dalle Finis Terrae”, dal 16 al 19 settembre, organizzatodalComune di San Teodoro con il patrocinio della Regione Autonoma della Sardegna.
In Piazza Gallura, giovedì 16 settembre alle 21,30, si esibirà la raffinata cantautrice Grazia Di Michele con lo spettacolo musicale “Poesie di carta”, un tributo a Marisa Sannia: la cantante e attrice di Iglesias famosa, sulla fine degli anni ‘60, per la sua voce cristallina, inconfondibile.
“Tra noi c’era qualche affinità, – ricorda Grazia Di Michele – la vedevo così altera e coerente, raffinata ed elegante. A un certo punto ho iniziato a scoprire la parte di cantautrice che mi era sfuggita, e poi sono restata folgorata dalla sua maestria nel musicare la poesia. Dentro c’è cura, amore, rispetto delle parole, dei suoni e dei mondi poetici a cui si è approcciata, incredibile”.
Negli ultimi anni della sua vita Marisa approfondisce la poesia di Federico Garcìa Lorca e di autori sardi, Antioco Casula e Ciccittu Masala, declinando musiche per i loro versi alla propria terra, alla vita, all’amore.
I brani eseguiti sono intervallati da testi tradotti, pensieri, frasi estrapolati da copioni che la Sannia scrisse per la presentazione dei suoi spettacoli teatrali.
Sul palco con Grazia Di Michele, voce e chitarra, si esibiscono Marco Piras al pianoforte, Fabiano Lelli alla chitarra, Fabrizio Fabiano al violoncello e Bruno Piccinnu alle percussioni.
Venerdì 17 settembre vengono proposti due interessanti progetti musicali aperti a sperimentazioni, sempre nell’ambito di sonorità mediterranee, con forti accenti di sardità.
Il primo progetto Fantafolk di Andrea Pisu alle launeddas e Vanni Masala all’organetto, vincitori del Premio Maria Carta (2016) che vantano importanti collaborazioni con musicisti, jazzisti e orchestre di fama internazionale.
A seguire, il secondo progetto musicale della serata, denominato “Musicalimba” dello storico gruppo Cordas et Cannas che si caratterizza come un lungo viaggio “attraverso le radici culturali della musica sarda, attualizzata da armoniosi intarsi sonori presi da altre culture e generi musicali”.
Un gruppo attento alla sperimentazione etnomusicale, che vanta 40 anni di attività, con numerose produzioni discografiche.
I musicisti sono Francesco Pilu cantante e polistrumentista, Bruno Piccinnu alle percussioni e voce, Lorenzo Sabattini al basso, Sandro Piccinnu alla batteria, Gianluca Dessì alle chitarre e Alain Pattitoni alla voce, chitarra acustica ed elettrica.
Sabato 18 settembre è la volta dello spettacolo musicale della band storica Red Wine. Tra i più affermati gruppi di bluegrass europei, con preziosi riconoscimenti in Italia, in Europa e negli USA, il loro repertorio spazia dal bluegrass tradizionale a quello contemporaneo, al country, gospel e swing.
“Dal 1995 Red Wine ha regolarmente effettuato tour negli USA, partecipando al Bean Blossom Uncle Pen’s Memorial Day Bluegrass Festival (IN), Oklahoma International Bluegrass Festival (Guthrie OK), Walnut Valley Festival Winfield (KS), Bluegrass & Chili Festival (Tulsa-Claremore, OK), Strawberry Bluegrass Festival (Camp Mather, CA), Poppy Mountain Bluegrass Festival (Morehead, KY), Mohican Bluegrass Festival (Greer, OH), The Station Inn (Nashville,TN), e alle edizioni del 1995, 2001 e 2008 dell’ International Bluegrass Music Association IBMA “World of Bluegrass” (Owensboro e Louisville, KY, e Nashville,TN), Fan Fest, suonando in svariati Showcase apprezzati dal pubblico e da esperti del settore”.
Infine, domenica 19 settembre viene presentato il progetto A-COR-DA della talentuosa cantante brasiliana polistrumentista Carol Mello che da 5 anni vive in Portogallo.
Un progetto raffinato che, oltre all’interessante voce della cantante e al suono caratteristico delle percussioni brasiliane (tamborim, pandeiro), si avvale delle sonorità degli strumenti a corda quali: contrabbasso, banjo, mandolino, cavaquinho e chitarra classica ed elettrica.
Il gruppo vive e lavora in Portogallo. Sono presenti nei festival World Music brasiliana con la musica che “allontana tristezza” quindi samba, choro, bossa nova e MPB. Oggi elaborano nuove contaminazioni sonore con trame musicali dei luoghi in cui hanno vissuto e/o suonato.
La formazione multietnica è composta da musicisti di varia estrazione musicale: Romain Valentino polistrumentista italo-francese, Martin Pridal con chitarra classica a 8 corde e il contrabbassista Matteo Marongiu.
Spettacoli diversi per genere ma accomunati dall’elemento che più di ogni altra cosa unisce, dona spensieratezza e indirettamente libertà. E come ben scrisse Victor Hugo:
“La musica esprime ciò che non può esser espresso a parole e ciò che non può rimanere in silenzio”.
Nella suggestiva città di origini catalane con scorci che evocano atmosfere esotiche, borgo di frontiera nei tempi passati, oggi sempre più aperta a culture “altre” per il festival letterario “Mediterranea. Culture, scambi, passaggi” organizzato da AES – Associazione Editori Sardi – il 16 Settembre, negli spazi dell’Ex mercato civico di Alghero, si promuove una tavola rotonda dal titolo “Pan Mediterraneo. Economia, sostenibilità, cultura”, il giorno successivo, 17 settembre, alle ore 10.00 si da avvio alla seconda edizione del Forum nazionale sull’editoria regionale “Tutti i libri del mondo”, promosso da ADEI – Associazione degli Editori Indipendenti – e organizzato congiuntamente all’Associazione Editori Sardi.
Il forum, nato nel 2019 per volontà di ADEI, intende sviluppare un dialogo su problematiche legate al mondo dell’editoria indipendente e locale, promuovere istanze legate a pluralità, indipendenza e autenticità.
Gli eventi saranno disponibili anche in diretta streaming sui canali social dell’AES, e il Forum anche sui canali sociali di ADEI.
«Il nostro Paese è caratterizzato da una incredibile, vivacissima pluralità di lingue, voci, culture, e la notevole varietà, per non dire “bibliovarietà” rappresentata dall’offerta libraria e culturale che caratterizza gli editori che fanno parte di ADEI – che, ricordiamolo, sono più di 250 – e vede nell’editoria territoriale un polmone di notevolissima rilevanza», dichiara Marco Zapparoli, presidente di ADEI.
«Anche la chiave di lettura di questa edizione risiede nel rapporto tra editoria indipendente, crescita culturale e territorio. Sia il meeting tra le associazioni regionali sia il programma generale mirano a evidenziare questi concetti, per aiutarci a trovare una reale integrazione tra mondi troppo spesso paralleli – afferma Simonetta Castia, presidente degli editori sardi e tra i promotori in casa ADEI dell’iniziativa, insieme a Marco Zapparoli e Isabella Ferretti».
A inaugurare la manifestazione con i saluti istituzionali saranno il sindaco di Alghero, Mario Conoci e il presidente della Fondazione Alghero, Andrea Delogu, per dare avvio alla prima sezione del Forum moderata da Marco Zapparoli, presidente dell’Associazione degli Editori indipendenti.
Aprirà i lavori Simonetta Castia, presidente AES e rappresentante del Gruppo regionale ADEI, con una relazione a tema “Libri e pluralità. Un connubio inscindibile”. Molto atteso l’intervento del portavoce del Ministro della Cultura, Gianluca Lioni, che parlerà dell’azione del Governo nel confronto tra “Editoria libraria e territorio”.
L’ edizione 2021, realizzata con il patrocinio della Regione Sardegna, del Comune di Alghero, di Fondazione Alghero e Fondazione di Sardegna, sarà articolata in tre sezioni distinte.
La prima sarà strettamente riservata al networking, un’area riservata al mutuo scambio di esperienze e animata dai rappresentanti dell’editoria regionale e internazionale.
In questa prima fase è inserito il confronto dal titolo “Promozione della lettura e editoria indipendente. Il modello dei territori. Quali soluzioni?”, al quale parteciperanno sia le associazioni regionali di categoria della penisola, rappresentate da Chiara Finesso (Editori Veneti), Marco Gaspari (Associazione Editori del FVG), Mauro Garbuglia (Associazione Editori Marchigiani), Giovanni Chiriatti (Associazione Pugliese Editori), Salvatore Granata (Associazione Siciliana Editori), Alberto d’Angelo (Rete Campania ADEI), Simonetta Castia (Associazione Editori Sardi); sia le associazioni di aree mediterranee quali Catalogna, Valencia e Galizia, rappresentate da Silvia Bello Campos (Asociación Galega de Editoras) e Marian Val (Associació d’Editorials del País Valencià).
Nel pomeriggio il Forum riprenderà alle 17 con la seconda sezione dedicata alle istituzioni e alle imprese nazionali e regionali, moderata dalla vicepresidente ADEI Isabella Ferretti. A descrivere “Il ruolo di ADEI nella crescita dell’editoria indipendente” sarà Marco Zapparoli, presidente ADEI, seguito da Marco Pautasso, vicedirettore del Salone internazionale del libro, che parlerà del “Salone del libro e il rapporto con il territorio”.
Un intervento sulle dinamiche e strategie inerenti “La rete del libro e i patti per la lettura” sarà offerto da Angelo Piero Cappello, direttore del Centro per il Libro e la Lettura, mentre con Gilberto Floriani, direttore del Sistema Bibliotecario Vibonese, si approfondirà la tematica riservata a “Editoria, culture locali e biblioteche”. Ultimo intervento di questa sezione sarà a cura di Cleophas Adrien Dioma, presidente dell’associazione “Le Réseau” e direttore artistico del Festival Ottobre Africano, e sarà dedicato a “Cooperazione e territorio” e nello specifico al ruolo della cultura.
L’ ultima sezione, moderata dalla presidente AES Simonetta Castia offrirà, a partire dalle 18.30, uno spazio di confronto esperienziale in ambito nazionale e internazionale, a partire dall’intervento di Della Passarelli, che tratterà di “Editoria di progetto, sostenibilità e futuro”, portando l’esempio e l’esperienza della casa editrice Sinnos e quindi di Ibby Italia, di cui è vicepresidente.
Gustau Navarro della Generalitat de Catalunya – sede di Alghero, argomenterà il caso di studio della Catalogna per quanto concerne l’“Identità e unità culturale”, mentre con Àfrica Ramirez Olmos, presidente Associació d’Editorials del País Valencià, si parlerà di “Editar des del País Valencià”.
Quindi l’intervento di Henrique Alvarellos Casas dell’Asociación Galega de Editoras esporrà “Le sfide dell’editoria in galiziano: connettersi con il mondo attraverso l’identità”. L’ esperienza della “Scuola Librai Italiani. Un modello per la promozione della lettura”, sarà invece approfondita da Aldo Addis, vicepresidente Associazione Librai Italiani, e Ariase Barretta dell’Università Computense di Madrid tratterà di “Libri km zero? La gestione dei titoli stranieri da e per l’Italia”.
Infine Isabella Ferretti, vicepresidente ADEI, prima di dare spazio alle conclusioni porterà l’esempio del Book Pride per la tematica dedicata alle “Fiere ed editoria indipendente”.
Allo stato attuale fanno parte di ADEI l’Associazione Editori sardi (AES), socio fondatore e componente del Consiglio Direttivo, l’A.P.E. (Associazione Pugliese Editori) Èdi.Marca (Associazione Editori Marchigiani) e l’Associazione degli editori del FVG, ed è aperto il dialogo con le altre regioni.
L’ingresso è libero fino a esaurimento posti con l’obbligo del green pass.
Lo scorso luglio, a Roma, si è concluso un importante appuntamento per il mondo dell’arte contemporanea: la IV ESPOSIZIONE TRIENNALE DI ARTI VISIVE 2021 [ https://esposizionetriennalediartivisivearoma.it/ ] curata da Gianni Dunill, che ha ospitato nelle sue suggestive ed eleganti locations – Palazzo Borghese – Galleria del Cembalo, Palazzo della Cancelleria, Galleria della Biblioteca Angelica, Palazzo Velli Expo e Medina Art Gallery – artisti italiani conosciuti ed artisti emergenti, con un totale di ben 300 opere esposte.
Ogni artista, ognuno con il proprio linguaggio e ricerca, si è espresso sul filo conduttore dell’esposizione “Global Change, Anni Venti” o cambiamento globale negli ultimi vent’anni, che ha permesso di creare una “coralità” tra le opere presenti con rimandi, dialoghi immaginari e acute riflessioni nel rappresentare punti di fragilità radicati del periodo storico in cui viviamo: disuguaglianze socio-economiche, distanziamento e isolamento da pandemia, instabilità geopolitica, cambiamento climatico.
Il mondo dell’arte italiana ha risposto allineandosi verso declinazioni più informali che figurative, dove il pensiero si ritrae, fluttua, avvolge la sfera dell’umana/umanità e incerto, su posizioni funamboliche ora ritrova spazi ancestrali, ora si adagia su “luoghi” meditativi e filosofici, ora su consapevolezze rese vivide da cromatismi, forme e vuoti alla ricerca di nuove sorgenti di luce per dissetare inquietudini, sofferenze, solitudini. Un’arte di rinascita post pandemica che sembra proiettarci verso una dimensione più salvifica, più spirituale.
Dalla Sardegna un’artista di Barumini, ma residente ad Olbia da vari anni, Rosalba Mura ha esposto la sua opera Qubit 2019.
Qubit 2019 – Acrilico su tele
Apprezzo l’artista, di cui ampiamente ho scritto in precedenza in quanto penso sia riuscita a cogliere ed esprimere, con il suo intuito creativo, il superamento concettuale della sintesi spazio-tempo presente nell’opera di Lucio Fontana.
E dopo essermi congratulata e aver parlato dell’importanza della sua presenza come artista sarda, le ho rivolto qualche domanda sul ruolo dell’arte e dell’artista, elementi fondanti della nostra società poiché l’evoluzione socioeconomica e il progresso sociale non possono prescindere dalla creatività e dalla sinergia di menti creative che devono “tracciare segni” e orientare gli esseri umani verso nuove conoscenze e/o verso l’abbandono di visioni, a volte, cristallizzate.
Il tuo quadro Qubit presente alla Triennale si pone sulla linea dello spazialismo ma c’è chiara volontà di superamento, il segno distintivo della tua arte.
Sicuramente, nella mia arte, uno dei punti di riferimento importante è lo spazialismo di Fontana che ricerca e vuole esplorare al di là della dimensione stessa del quadro andando oltre la superficie bidimensionale della tela stessa.
Nelle mie opere e nel caso particolare di Qubit, voglio superare e andare oltre questo concetto rifacendomi alle più attuali teorie del multiverso, questo “oltre” diventa multidimensionale, una ricerca di diversi spazi e diverse realtà o possibili condizioni esistenti.
Queste, inoltre, non sono totalmente distinte e definite, nonostante le diverse tele sovrapposte, ma si intersecano e interagiscono tra loro, creando connessioni che indagano, interagiscono e producono nuovi spazi.
Infiniti mondi e infinite realtà, in una progressione sequenziale che allo stesso tempo diventa prodotto, manufatto, o frazione di tempo contenente più istanti e più spazi.
Qubit, unità di informazione quantistica, permette l’esistenza degli stati di sovrapposizione che io concepisco e immagino come forma quadrata modulare, per questo, essa stessa può esistere come unità appartenente a una più vasta complessità.
Desiderio di infinito e all’idea di questo ci si può alludere anche attraverso la ripetizione del sempre identico, per questo guardo e mi ispiro anche all’arte di Giulio Paolini.
Il tema “Global Change” richiama un’urgenza sempre più sentita e condivisa dove l’arte assume valore/ruolo poli/tico: indirizza il cammino dell’uomo educa, orienta…
Mi sento molto vicina al pensiero di un Nuovo Umanesimo, mettere l’uomo e la sua umanità in rapporto ed equilibrio sano e rispettoso della Terra a sostegno della vita.
Al bisogno di creare connessioni tra saperi e poter affrontare i temi della persona e del pianeta indirizzati ad uno sviluppo sostenibile. Propositi e obiettivi evidenti nell’agenda 2030.
Il mondo dell’arte deve esprimere la cultura del proprio tempo, essere portatrice di messaggi e di idee. Nella nostra attualità molto complessa l’arte è ricerca, punto di vista dell’artista che assorbe la realtà circostante, la digerisce e la filtra.
L’artista percepisce con la propria sensibilità i diversi segnali circostanti, a volte riesce ad anticipare e/o promuovere nuove idee, interpretandole attraverso il proprio gesto creativo, qualunque esso sia.
L’arte vuole e deve comunicare con la società e certamente deve proporre idee, indirizzando anche la politica attraverso il proprio linguaggio.
La tua arte crea aperture, nuovi orizzonti che alludono a trascorsi? Che ruolo ha il passato?
La mia arte vuole si, esplorare e ricercare nuovi spazi e nuovi mondi, ma allo stesso tempo vuole anche essere introspettiva, indagare e riflettere il mio vissuto.
Stratificazioni di momenti e di esperienze che creano e riflettono il presente. Il passato convive con l’odierno e sono un tutt’uno; noi siamo il frutto delle nostre esperienze e degli eventi.
Il vissuto conserva l’esperienza nella memoria e nella coscienza, lascia i segni nel corpo e nella mente, segni, ferite, lacerazioni da curare e ricucire o semplicemente da lasciare aperte, diventando cicatrici che ci identificano.
La mia arte si apre all’altro, all’altrove e all’oltre, testimonianza di vissuto e di esperienze, ricerca di nuove visioni e di nuovi confini spaziali concreti ma anche intimi, personali e spirituali.
Last July, in Rome, an important appointment for the world of contemporary art ended: the IV Esposizione Triennale di Arti Visive Roma 2021 [https://esposizionetriennalediartivisivearoma.it/], curated by Gianni Dunill, which hosted in suggestive and elegant locations Palazzo Borghese Galleria del Cembalo, Palazzo della Cancelleria, Galleria della Biblioteca Angelica, Palazzo Velli Expo and Medina Art Gallery the best known Italian artists and the emerging artists with 300 works on display.
Each artist, with own language and project, expressed himself on the theme of the exhibition: “Global Change, Twenties” or global change in the last twenty years, which allowed to create a “chorality” among the Artworks with references, imaginary dialogues and reflections in representing points of fragility rooted in our historic period: socio-economic inequalities, distancing and isolation from pandemics, geopolitical instability, climate change.
The world of Italian art has responded by aligning itself towards more informal than figurative declinations, where thought withdraws, fluctuates, envelops the sphere of human / humanity: finds ancestral spaces; it rests on “places” meditative and philosophical, or on awareness made by vivid colors, or shapes and voids in search of new sources of light to dissolve restlessness, suffering, loneliness. An art of post-pandemic rebirth that seems to project us towards a more saving and spiritual dimension.
From Sardinia an artist born in Barumini, but who lives in Olbia, Rosalba Mura, exhibited her work Qubit 2019.
I appreciate the Artist and I think she managed to grasp and express, with her creative intuition, the conceptual overcoming of the space-time synthesis present in the work of Lucio Fontana.
And after congratulating and talking about the importance of her presence at the Art show as a Sardinian artist, I asked her a few questions about the role of art and the artist, founding elements of our society, since socio-economic evolution and social progress cannot ignore creativity and the synergy of creative minds that have to “trace signs” and orient human beings towards new knowledge and/or towards the abandonment of visions that are sometimes crystallized.
Your work Qubit presented at the Triennale is in evolutionary line with Spatialism but there is a clear desire to overcome, the hallmark of your art.
Surely, in my art, one of the important reference points is Fontana’s spatialism that he seeks and wants to explore beyond the very dimension of the painting, going beyond the two-dimensional surface of the canvas itself.
In my works and in the particular case of Qubit, I want to overcome and go beyond this concept by referring to the most current theories of the multiverse, this “beyond” becomes multidimensional, a search for different spaces and different realities or possible existing conditions.
Furthermore, these are not totally distinct and defined, despite the different overlapping canvases, but intersect and interact with each other, creating connections that investigate, interact and produce new spaces. Infinite worlds and infinite realities, in a sequential progression that at the same time becomes a product, an artifact, or a fraction of time containing more instants and more spaces.
Qubit, a unit of quantum information, allows the existence of superposition states that I conceive and imagine as a modular square shape, for this reason, it can itself exist as a unit belonging to a larger complexity. Desire for the infinite and the idea of this can also be alluded to through the repetition of the always identical, which is why I also look and draw inspiration from the art of Giulio Paolini.
The theme “Global Change” recalls an increasingly felt and shared urgency in which art takes on a political value / role: it directs the path of man, it educates, it orients …
I feel very close to the thought of a New Humanism, to put man and his humanity in a relationship and balance that is healthy and respectful of the Earth in support of life. To the need to create connections between knowledge and to be able to address the issues of the person and the planet aimed at sustainable development. Purposes and objectives evident in the 2030 agenda. The world of art must express the culture of its time, be the bearer of messages and ideas. In our very complex actuality, art is research, the artist’s point of view that absorbs the surrounding reality, digests it and filters it.
The artist perceives with his own sensitivity the various surrounding signals, at times he is able to anticipate and / or promote new ideas, interpreting themthrough his own creative gesture, whatever it is. Art wants and must communicate with society and certainly must propose ideas, also addressing politics through its own language.
Your art creates openings, passages, mutant identities and there is an allusion to the past. What role does it play?
Yes, my art wants to explore and search for new spaces and new worlds, but at the same time it also wants to be introspective, investigate and reflect my experience.
Stratifications of moments and experiences that create and reflect the present. The past coexists with today and they are one; we are the fruit of our experiences and events. The lived experience preserves the experience in the memory and in the conscience, it leaves the marks in the body and in the mind, marks, wounds, lacerations to heal and mend or simply to leave open, becoming scars that identify us.
My art opens to the other, to the elsewhere and beyond, testimony of lived experiences, the search for new visions and new concrete but also intimate, personal and spiritual spatial boundaries.
“La filosofia è tornata nella piazza” scrive su “Aut Aut” la filosofa Laura Boella e si può trovare anche in “cucina” sotto forma di ottima “ricetta” per lo spirito.
La filosofia sembra essersi alleggerita del suo status “inafferrabile” e oggi si riscopre quale “strumento“ di trasformazione interiore, di terapia per l’anima. Ma non solo. Sembra scalpitare dal desiderio di vivere non più al margine, ma “dentro” il sociale.
Con valenza metaforica appare il celebre dipinto di Michelangelo, il Giudizio Universale della Cappella Sistina, dove Dio sfiora il dito di Abramo per donargli intelligenza.
Particolare dal Giudizio Universale di Michelangelo – Cappella Sistina
Anche la filosofia vuole prendersi cura dell’uomo. Trasmettergli mezzi necessari alla sopravvivenza in questo periodo dove l’incertezza, lo smarrimento, la sofferenza tracciano il silenzio surreale delle città deserte.
E domani 16 aprile, alle ore 11, in diretta streaming sul canale Facebook e Instagram del Museo MAN di Nuoro (@museoman) e ICA di Milano (@ica_ milano) il filosofo Giovanni Leghissa professore del Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino, redattore di “Aut Aut” e direttore della rivista di filosofia on line “Philosophy Kitchen” parlerà di alcune tematiche molto attuali: “Il vincolo e la libertà”.
La lecture rientra nel progetto Connessioni Inventive – domani al secondo appuntamento – a cura di Luigi Fassi direttore del Museo MAN della Provincia di Nuoro e Alberto Salvadori direttore di ICA, Istituto Contemporaneo per le Arti di Milano.
In un momento in cui tutti siamo obbligati a #stareacasa, il progetto #connessioniinventive promuove conoscenza umanistica con autorevoli voci della nostra cultura e riabilita la funzione dei social quali validi strumenti di diffusione del sapere.
Si parlerà dei vincoli a cui è soggetta l’azione umana: quello biologico in quanto l’uomo è parte della specie animale, e quello istituzionale/organizzativo che vede ogni individuo muoversi tra spazi strutturati con regole, consuetudini; e altri, determinati da norme morali.
La domanda d’indagine ruota attorno allo spazio che resta a disposizione dell’uomo affinché possa crearsi una sua esistenza in modo libero e autonomo, senza altre ingerenze. Si parlerà di desideri, di pulsioni per giungere a focalizzarsi sulla libertà.
Se impossibilitati a seguire la lecture in streaming si potrà vedere nel canale You Tube Connessioni Inventive.