Imprevedibile essenza: l’arte figurativa di Vittorio Boi

Ormai dobbiamo credere soltanto a
quelle credenze che comportano il
dubbio nel loro principio stesso.
Edgar Morin
Olbia, lì 15 Giugno 2015 – La figura paterna, appena si nasce, assume contorni sfumati tra presenza e assenza. Infatti alcuni sociologi parlano di diade madre-figlio. Solo il tempo plasma il rapporto padre-figlio che talvolta si fortifica nella complicità di condividere interessi o grandi passioni, quasi un “riallinearsi” e ritrovarsi tra insegnamenti di vita.
Questa premessa mi è sembrata necessaria per presentare Vittorio Boi, un giovane artista di origini cagliaritane, che ha mosso i suoi primi passi e scoperto la bellezza delle forme e l’anima dei colori, tra le tele di suo padre: il pittore Renato Boi.
Originario di Napoli, Renato giunse in Sardegna nella prima metà del secolo scorso. E nell’amata isola si distinse per la sua profonda sensibilità artistica tesa a ritrarre la sardità nei colori, nelle forme e nei paesaggi desolati, intrisi di una solitudine che smarrisce ma ripara dalla sofferenza del vivere.
In un periodo storico difficile e subordinato a logiche incomprensibili, Renato,  dopo un breve periodo impressionista venne attratto dal linguaggio pittorico espressionista volto ad una interiorizzazione della realtà circostante.
Fin da piccolo Vittorio osservava il padre mentre dipingeva. Scrutava le forme, la trasposizione dei significati, i tratti espressivi, l’utilizzo dei colori. Iniziava il suo percorso, un piccolo ” Grand Tour ” dell’Arte, che gli permise di acquisire contenuti per la sua memoria.
Vittorio Boi Il trasformista,2011 Olio su tela
Vittorio Boi
Il trasformista,2011
Olio su tela

Ecco che strati dell’agire si legarono a piccoli nodi di emozioni, e divennero materia che Vittorio filtrò, per creare un proprio “altro/diverso”: distanziare il proprio sé, privilegiando il suo vissuto intrecciato ai ricordi/insegnamenti del padre.

Sorprendeva la sua grande discrezione. Tutto sembrava immergersi nel silenzio. Un silenzio fecondo. Solo pochissimi amici conoscevano la sua grande passione trasmessagli dal padre.

La creatività e il linguaggio pittorico sembravano inseguirlo . – Al pari di nuvole che sulla terra segnano ombre, contorni di assenza del sole e vagano sospinte dal vento. – Forme da cui cercava di fuggire, ma impossibilitato a colmare distanze con nuovi contenuti e forme, continuava a sognare.
Vittorio Boi  Tra Sogno e Realtà. 2014 Olio su tela
Vittorio Boi
Tra Sogno e Realtà. 2014
Olio su tela
Quando un’illuminazione lo condurrà ad una frattura, ad un sostanziale distacco: l’utilizzo di colori puri, pennellate piatte, sfrangiate e l’esigenza di dare forma al proprio “urlo” esistenziale.
Scoprirà una propria personalità artistica dove “l’immaginazione occupa un ruolo centrale tanto da consegnarci una vera e propria concezione del mondo, cui è sotteso il discorso radicale di un allargamento della nozione di realtà e di una corrispondente estensione della coscienza.” (2)

Così le tematiche dell’Isola-Mito che caratterizzavano il linguaggio espressivo del padre tras-mutarono.

Vittorio Boi L'Attesa,2010 Olio su tela
Vittorio Boi
L’Attesa,2010
Olio su tela

“L’attesa” ricorda  l’opera del padre “Pastore in riposo”, visibile nel Catalogo del Patrimonio Artistico della Regione Sardegna. (1) L’uomo al centro, che appare seduto con i gomiti poggiati sulle gambe e le mani tra la testa, evoca la figura del pastore mentre riposa, dalle trame impressioniste. Ma Vittorio predilige colori puri e pennellate sfrangiate. Sembrano rincorrersi nello spazio della tela per dare struttura al forte pathos che l’opera trasmette. Vittorio gioca con l’empatia e riesce a trasmetterci la sua interiorizzazione di una realtà drammatica che sta per accadere.

Trovo quest’opera veramente sublime. E’ ritratto l’istante “sospeso” che rappresenta una potenzialità ancora indefinita. E’ il respiro dell’angoscia esistenziale. Il vuoto che attende di essere colmato. La realtà divenuta indecifrabile. Ma l’angoscia è anche “la vertigine della libertà” come diceva KierKegaard . Libertà di scelta che alimenta la speranza.

Vittorio Boi L'Acrobata,2014 Olio su tela
Vittorio Boi
L’Acrobata,2014
Olio su tela

Tra i soggetti delle sue opere sembra prediligere atleti in movimento o che effettuano esercizi ginnici. Forse perché lui stesso è un atleta, un bravo tennista. In alcune figure esalta la bellezza dei corpi con muscoli definiti , quasi scolpiti con equilibrata tecnica chiaroscurale. Ma alcuni elementi stridono.

Il corpo de “L’Acrobata”  raffigurato nell’istante del movimento, focalizza la nostra attenzione sul punto luce della collana di perle dal significato ambiguo: dono, sottomissione o elemento che “àncora” alla salvezza? A volte esprimono inquietudine forse conseguenza di un disagio, di un’’alterità” radicata che ha difficoltà di apparire, di esprimersi, di essere.

Vittorio Boi Corsa,2014 Olio su tela
Vittorio Boi
Corsa,2014
Olio su tela

Ne “La Partenza” gli atleti si preparano ad effettuare una corsa in una pista che sembra esser allagata. Ma l’ acqua è pulita o sporca? Evoca purificazione o stagnazione ? Forse è trasparente, pulita. Si allude alla necessità di catarsi o rigenerazione. O evidenzia l’impossibilità di muoversi riflettendo la stagnazione del periodo storico in cui viviamo?

L’altleta che ci guarda esprime un disagio. Il movimento è un non movimento. Ma c’è la volontà determinata dalla posizione. L’atleta vuole iniziare la sua corsa.

L’atleta sembra dirci che la folle corsa della vita è segnata dall’inquietudine. Non bisogna fermarsi, né volgersi al passato ma capire come il movimento sia necessario per proiettarci verso il futuro. Non ci si deve compatire ma agire. L’azione è la legge-verità di vita e il tempo ne scrive la partitura d’altronde “non possiamo pensare a un tempo senza oceano / o a un oceano non cosparso di rifiuti o a un futuro / non destinato come il passato, a non avere un fine.”  (2)

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In “Fascino” è raffigurata una persona dal volto indefinito, sembra indossare una maschera. Colori graffiati, sfrangiati, semplici tratti per definire le forme. Risalta la trasparenza del vestito e il color rosso del guanto. Il volto indistinto, sfuggente e il titolo dell’opera evocano ambiguità che assurge ruolo primario. Interscambio di forma e sostanza in un divenire caotico. E’ essere e non essere sé. Aperto all’altro, al diverso. Si acquisisce duttilità ma si rischia di perdere l’essenza, o forse ” coerenza” ? ciò che abbiamo acquisito con l’esperienza e che modula le nostre scelte.

In questa opera i misteri dell’ambiguità divengono certezze radicate nel reale. Il guanto rosso può evocare un riscatto? Passione o salvazione? Ecco che il dubbio coesisterà con una riflessione soggettiva e con lo studio del reale nell’avvicendarsi giorno e notte, per dare un senso al nostro essere presente.

Vittorio Boi Il Groviglio Della Mente,2015 Olio su tela
Vittorio Boi
Il Groviglio Della Mente,2015
Olio su tela

“Il Groviglio della Mente” è un’opera dal forte impatto emotivo. Traspare la difficoltà dell’uomo raffigurato che vuole liberarsi dai cerchi che assemblano molle. I colori sono ben dosati su campitura grigia. Il movimento e la difficoltà vengono definiti dalle contrazioni muscolari evidenziate da delicate tonalità chiaroscurali. Un discorso pittorico legato alla plasticità dove vengono riscoperte la proporzione e l’armonia delle forme quasi ad voler evocare la bellezza classica.

Sul piano concettuale qui si giunge alla cosiddetta “quadratura del cerchio”, il punto di arrivo e di partenza del pensiero dell’artista. Forse per cambiare i nostro modus pensandi è necessario il movimento. Dobbiamo vivere “nell’attraversare” per non farci risucchiare dagli ingranaggi che alienano e creano estraneamento.  Non è  fuggire ma  «attraversare la minaccia di quel caos dove il pensiero diventa impossibile»(3)

La rappresentazione di una realtà “altra” complessa, difficile da affrontare e definire si racchiude nell’importanza del movimento, che rigetta la staticità, esclude la limitazione della sfera dell’azione e permette alla conoscenza di fluire liberamente. Anche perché come dice il grande Morin “è importante comprendere l’incertezza del reale, sapere che il reale comprende un possibile ancora invisibile” (4) che non è sogno ma adattabilità a questa folle corsa che è la vita.

Lycia Mele
© Riproduzione riservata

Approfondimenti

1) Catalogo del Patrimonio artistico della Regione Sardegna 2014 http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_274_20150212122505.pdf
2) T.S.Eliot La terra desolata Quattro quartetti. Book Editore
3) G. Bateson Mente e Natura. Un’unità necessaria. Adelfi Editore
4) E.Morin I sette saperi necessari all’educazione del futuro. RaffaelloCortina Editore

Vittorio Boi Scarpette Rosse,2014 Olio su tela
Vittorio Boi
Scarpette Rosse,2014
Olio su tela