Sono stata sempre attratta dagli artisti che, nelle loro opere, utilizzano fili di lana o di cotone liberi o cuciti sulla tela, come mezzi dei loro linguaggi espressivi. Avrei desiderato respirare il loro pensiero per poter acquisire e capire quella forte esigenza alla base di scelte insolite ed informali.
Nell’arte l’utilizzo dei fili sembra essere una prerogativa femminile. Riflette rappresentazioni di mondi filtrati da una sensibilità ‘femmina’pur sempre con valenze universali. Il filo evoca legame, unione ma anche separazione, interruzione, assenza.
Il filo di cui apprendiamo il suo esistere e la sua importanza, quale elemento di “distrazione” al pari di un alleato silente, ha scandito la vita di Penelope nell’Odissea. Di giorno tesseva la tela e la notte la stramava. Sperava di riabbracciare il suo amato Ulisse partito per la guerra di Troia. Con questa astuzia evitò un’unione imposta. Il suo agire aveva colmato di senso l’attesa. Aveva definito un’aspettativa. Infatti aggrappata alla vita, fedele al sentimento dell’amore, era riuscita a gestire la sua ansia e le sue incertezze. Il filo dava forma al suo destino, lo plasmava cucendo speranza sul cammino dei suoi giorni.
Ripercorrendo i sentieri dell’arte, nelle opere dell’artista rumena Geta Bratēscu sembra di ri-vivere una sorta di attesa oltre ad una necessità spasmodica di focalizzazione sull’istante.

sewing on textile
Anche lei si avvale di trame dove cuce percorsi di pensiero. I fili cuciti appaiono ora esili ora rinforzati. Al centro della tela è rappresentato un cerchio con l’interno cucito a pieno campo, attorno un’altro cerchio concentrico vuoto. Entrambi i cerchi in alcune tele sono attraversati da una striscia compatta, ben definita.

Medeic Callistheic Moves III
1980 1981
sewing on textile
E nella mia mente si palesa la frase di Eraclito πάντα ῥεῖ (panta rei). Tutto scorre. Il divenire scandito da istanti che fuggono il ripetersi. Sono racchiusi nel flusso della vita, portatori di significato dell’esistere.
La struttura dell’opera verrà ripresentata con variabili cromatiche: azzurro, arancio, viola, giallo. Anche se presente il cerchio, il campo circostante evidenzierà altri elementi. Lo spazio centrale, che sembra dividere la tela in due sezioni, appare come un fiume delimitato dagli argini, in cui al centro appare ben definito il cerchio. Forse ad evocare una separazione, un distacco, un allontanamento pur nella necessità di considerare/vivere l’istante, portatore di significante del reale. Anche quando è derivato dal dolore o dalla sofferenza. Geta Bratēscu infatti visse il periodo di oppressione durante il regime militare imposto da Ceauşescu. Ma continuò a creare ed esprimere con linguaggi espressivi sempre differenti le sue sintesi di pensiero.
Nelle sue tele, cartine di esistenze, non è possibile intrappolare ne congelare l’interiorità che vive una costante evoluzione. Il nostro io è rappresentato dalla figura tonda centrale. La fascia vuota attorno al cerchio potrebbe indicare lo spazio delle intrusioni del reale, campo neutrale esterno che tende a modificare la nostra individualità solo se ci si avvale della volontà. Sembra quasi una necessità quella di lasciarsi trascinare senza troppi coinvolgimenti per accettare il presente. Quasi un distacco dal fluire della vita per recuperare il nostro se. Così da evitare i condizionamenti o l’alienazione, dramma della contemporaneità?

Sewing on textile
Sempre negli anni ’80 Geta Bratēscu realizzava la serie “The rule of the circle” . Ancora una volta la presenza del cerchio definito. Qui con un’assenza, una mancanza, recuperata dalla linea netta della circonferenza.

The rule of circle 1985
All’interno del cerchio strutturato in varie sezioni sembrano mancare delle parti. L’armonia cromatica balza subito ai nostri occhi. Ma scrutando bene è visibile la mancanza. Un’assenza che dovrà esser colmata o che rimarrà tale? Esistono i tasselli per completare evoluzioni. Percorsi di destini. E quell’assenza richiede coraggio e insegue la curiosità del vivere. Si potrà riempire con una pluralità di significati. La nostra volontà si porrà guida ed artefice.

The Rule of the circle 1985
Come Penelope aveva dato significato al suo vivere gestendo l’assenza’ con l’azione del tessere, Geta Bratēscu raccoglie il suo pensare, definendo l’assenza ed il silenzio dell’agire, nelle potenzialità intrinseche dell’essere umano. La pluralità semantica delle sue tele determina tali suggestioni da sforare l’oscurità e vedere luci differenti. Sarà la “quadratura del cerchio” che seduce il pensiero di noi contemporanei?
Lycia Mele
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The rule of the circle 1985